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Simone Prosperi: il calcio mi ha insegnato a vivere ed essere costante

by Redazione
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Simone Prosperi è nato ad Arezzo 49 anni fa. È sempre stato una persona versatile e curiosa. Ha iniziato la sua carriera sportiva nel calcio e li è rimasto anche dopo aver appeso le scarpe al chiodo. Si è seduto dietro i banchi di Coverciano per diventare allenatore. Infine, si è dedicato al business con attività nel settore moda e in quello dei ristoranti.

Ciao Simone, quando è nata la passione per il calcio?

Ero bambino quando scoprii il pallone, Il calcio è uno di quei desideri che nascono in età acerba e non se ne vanno più. Ho subito desiderato calciare la palla da professionista sui campi di calcio. Non era una scelta facile, perché diventare calciatore è il sogno di molti ma ci riescono in pochi. Però ce l’ho fatta. Ho giocato in diverse squadre di calcio, ho conosciuto tanti colleghi e quell’esperienza mi ha fatto crescere dal punto di vista professionale ma anche da quello personale. Lo sport è maestro di vita, educa a raggiungere obiettivi e mettersi constantemente in gioco.

Ma non hai mai smesso di frequentare i campi da gioco. Sei divento allenatore

Il calcio in campo, avere la palla tra i piedi, smarcare e smarcarsi dagli avversari regalano istanti di adrenalina pura. Per un giovane sono un toccasana. Ma con l’età si ha bisogno di esperienza nuove, di obiettivi diversi, di calma e ragionamento, di strategia da condividere in gruppo, in squadra da guidare al traguardo. Ecco perché il diploma di Allenatore UEFA B che ho ottenuto nel 2003 nel centro Tecnico Federale di Coverciano, è stato per me decisivo per continuare la mia carriera sportiva nel mondo del calcio.

Sei anche un appassionato di scouting? Sei uno scopritore di giovani talenti?

Scoprire nuovi calciatori, ragazzi di talento, individuarne le qualità è stata una parte importante della mia attività nel settore del calcio. Le tecniche per scoprire talenti nel calcio esistono ma è l’esperienza che fa la differenza. In un ragazzo intravedi la grinta e il talento con la pratica, l’accortezza, la consapevolezza. E forse anche con l’intuito. Solo così puoi capire se un giovane ragazzo ha davvero delle doti calcistiche e quali sono. Non è solo una questione di tecnica ma anche di forma mentis, di modo di pensare se non di struttura mentale. Bisogna avere cervello per gestire lo stress e il pallone in campo a certi livelli.

Quand’è che hai voluto cambiare ancora e lanciarti nel mondo dell’imprenditoria?

Nel 2003. Ma essere imprenditore di me stesso è sempre stata un’attrazione per me, anche quand’ero calciatore, allenatore a caccia di talenti. L’attrazione verso la gestione di nuove attività, fornire prodotti e servizi nuovi è sempre stata latente dentro di me. Il settore moda mi ha dato diverse soddisfazioni non solo dal punto di vista economico ma anche da quello del piacere e dell’appagamento personale. Grazie alla moda ho potuto sperimentare la mia creatività, la mia indole innovativa, il mio talento non solo in campo ma anche nel mondo del business.

Ad Arezzo adesso sei anche impegnato nella Grande Distribuzione con un punto vendita di 600 metri quadri. Com’è nata quest’attività?

Ho voluto cimentarmi anche on altri settori. Quello della GD è un buon settore. Mi si è presentata un’occasione e l’ho colta. Anche penso che per un imprenditore diversificare gli investimenti è di fondamentale importanza. Tra l’altro il settore della ristorazione va molto forte in Italia e, quindi, oltre alla moda credo che questo sia un buon modo di fare impresa. Anche qui non posso lamentarmi. Sia pure con le difficoltà del caso e del fare impresa, ho buoni risultati. In genere sono un ottimista e sono contento di essere aperto alle esperienze che il mio percorso di vita mi ha fin qui proposto.

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