Roma 17 gen – Fax spediti la domenica pomeriggio nei municipi chiusi. Uomini e mezzi non sufficienti. Si potrebbe riassumere così il motivo per cui sia in Sardegna che in Abruzzo le alluvioni di questo inverno hanno creato tali disastri. Infatti l’allarme era stato lanciato con buon anticipo ma nel caso dell’isola non c’era nessuno a raccoglierlo, mentre nel caso abruzzese non si disponeva di uomini e mezzi necessari a fronteggiare tale emergenza.
Investire per migliorare gli interventi o comunque tutelare maggiormente il territorio: questa l’idea più ovvia.
Spendere circa 75 milioni di euro per cambiare la gestione delle previsioni del meteo: questa l’idea della Protezione Civile e del governo.
L’Italia difatti è l’unico paese europeo a non avere un sistema meteo civile, poiché da sempre se ne occupa l’Aeronautica militare, che tramite la figura del colonnello Bernacca ha fatto scoprire agli italiani gli anticicloni e le basse pressioni.
Seppur discreto, il lavoro fornito dall’Arma in campo meteorologico, da molti anni si discute di come allinearsi agli standard dell’Unione Europea creando una struttura smilitarizzata e quindi “civile”.
Tale operazione è stata varata con la legge di riforma della Protezione Civile approvata la scorsa estate cosicché nascerà una grande struttura meteo che assorbirà le competenze decennali dell’Aeronautica militare e da tutte le strutture regionali presenti su tutto il territorio nazionale.
Tale struttura si chiamerà “Servizio meteo nazionale distribuito” (Smnd) e nelle intenzioni del legislatore godrà di autonomia amministrativa ed operativa.
Anche se definito sistema “distribuito”, sembra in realtà più un sistema accentrato in quanto il compito di stilare il piano operativo e il decreto che il governo dovrà presentare è stato affidato ad un gruppo operativo della Protezione Civile. Proprio come accadeva con Bertolaso.
Inoltre la task force che si è occupata della maturazione di questo nuovo supermeteo è stata guidata da Bernardo De Bernardis, il vice presidente della Protezione Civile che insieme a tutti i componenti della Commissione Grandi Rischi fu condannato, in primo grado e in attesa di appello, a 6 anni e interdetto dai pubblici uffici per il terremoto dell’Aquila del 2008.
Intanto da Palazzo Chigi non arrivano risposte di alcun genere, neanche alle interrogazioni presentate da Ermete Realacci del PD che aveva chiesto di fare il punto della situazione riguardo lo stato dei lavori di tale nuovo sistema meteorologico.
Silenzio anche riguardo la domanda che viene più spontanea: chi pagherà questa riforma?
La protezione civile assicura, nella relazione presentata nell’ottobre 2012, che non ci sarà nessuna spesa aggiuntiva per la pubblica amministrazione. Ergo si prevede che il nuovo sistema potrà funzionare con i stessi fondi che ad oggi sono stanziati dai singoli protagonisti del sistema: dall’Aeronautica alle regioni e alle province autonome.
Una somma che viene calcolata intorno ai 75 milioni di euro l’anno.
Inoltre l’organigramma del nuovo apparato viene immaginato con circa 1200 addetti da distribuire su tutta la penisola, inglobando personale delle amministrazioni esistenti.
Sembrerebbe una riforma a costo zero. Sembrerebbe. Infatti il vecchio trucco della fase di “prima attuazione” è dietro l’angolo, poiché nell’attesa che tutto questo grande sistema entri a pieni giri il Dipartimento della protezione civile avrà le mani libere per operare nella definizione dei budget finanziari, potendosi proclamare “struttura di missione e autonomo centro di responsabilità della spesa”. Lo stesso iter potrà essere utilizzato nella gestione del personale, così da far assumere i precari della protezione civile all’interno del nuovo sistema meteorologico.
Alla fine dei conti, per far partire questo mega meteo bisognerà ricorrere alla sottrazione delle risorse che fino ad oggi erano state assegnate all’Aeronautica militare, la quale per il servizio meteo riceveva annualmente proprio quei 75 milioni di euro che la protezione civile ora reclama.
Ma il valore di questo progetto potrebbe superare anche i 150 milioni in quanto nella relazione al Parlamento viene specificato come ogni paese europeo spenda “per un servizio mete adeguato” almeno 150 milioni di euro.
Intanto il Senato ha approvato un emendamento del governo, relatore Giorgio Pagliari del PD, che permette al capo Dipartimento della Protezione Civile, di concedere un’indennità da un milione e mezzo di euro a tutti coloro che hanno svolto “attività di allertamento, monitoraggio e coordinamento operativo”.
Soldi per sole 50 persone, che hanno sede operativa a via Vitorchiano.
Federico Rapini