Roma, 20 feb – Nella giornata di ieri Pro Vita & Famiglia Onlus ha organizzato nella Capitale una conferenza dal titolo “Gender: tempo scaduto, appello al Governo”. L’obbiettivo dell’incontro denunciare l’imposizione di contenuti ideologici nelle scuole e chiedere l’approvazione urgente di una legge nazionale a tutela della libertà educativa della famiglia. Proprio quest’ultima proposta sarà al centro della campagna di mobilitazione nazionale “Mio Figlio No”.
Il convegno di Pro Vita a Roma
Quella di porre un freno alla propaganda queer nelle scuole è un’esigenza sentita dalla maggioranza degli italiani. Infatti, i dati presentati da Pro Vita e raccolti grazie a un sondaggio dell’istituto demoscopico Noto Sondaggi metto in luce “il netto schieramento degli italiani a favore del diritto di priorità e libertà educativa della famiglia circa tematiche afferenti la sfera sessuale e affettiva dei figli. Orientamento ancor più radicato nell’elettorato dei partiti di centrodestra al Governo”. Citiamo direttamente i risultati del report: “L’83% degli intervistati chiede che le famiglie vengano informate preventivamente, nel dettaglio, su progetti inerenti sessualità e affettività. Il 76% ritiene che l’educazione sessuale e affettiva sia responsabilità primaria dei genitori, e non della scuola, con un picco dell’87% tra gli over 55. Il 55% si oppone fermamente all’imposizione di contenuti educativi sulla sessualità contro la volontà dei genitori, mentre solo il 32% lo considera accettabile. Il 62% degli italiani sostiene il diritto dei genitori di scegliere se far partecipare o meno i propri figli a corsi di educazione sessuo-affettiva nelle scuole. A fronte di un 15% che non si esprime, solo il 35% degli italiani è favorevole alla presenza di attivisti Lgbt nelle scuole per parlare di orientamento sessuale e identità di genere, mentre la metà degli italiani, il 50%, si oppone fermamente a questa possibilità. L’opposizione è ancora più marcata tra gli elettori di Fratelli d’Italia e Forza Italia, in entrambi i casi al 78%. Il 50% (contro il 35%) chiede un controllo più rigido del Ministero dell’Istruzione per evitare la diffusione dell’ideologia gender nei programmi scolastici. Di questi, il 64% di elettori di FdI, il 65% della Lega e il 75% di FI”. Numeri che parlano chiari, chi vuole un indottrinamento arcobaleno nelle scuole è una sparuta minoranza.
Al via la campagna “Mio Figlio No”
Per tutti questi motivi Pro Vita vuole porre al centro del dibattito politico nazionale una legge sulla libertà educativa della famiglia e contro la propaganda Lgbt nelle scuole. I punti principali della proposta di legge sono: “Divieto di introdurre nelle scuole iniziative sulla fluidità di genere. Diritto di consenso informato per le famiglie: ogni programma scolastico riguardante la sessualità e l’affettività deve essere sottoposto preventivamente all’approvazione dei genitori. Diritto di opt-out: i genitori devono poter esonerare i propri figli da corsi o attività che non rispettano i loro principi educativi. Stop all’ingresso di attivisti nelle scuole: le scuole non devono ospitare rappresentanti di movimenti ideologici per trattare temi di identità di genere e orientamento sessuale. Supervisione ministeriale: è necessario un controllo più stringente sui contenuti educativi per garantire che non si trasformino in propaganda. Abolizione della carriera alias nelle scuole: le istituzioni scolastiche non possono riconoscere identità di genere auto-percepite in contrasto con il dato biologico”. Per lanciarla, Pro Vita ha dato il via alla campagna “Mio Figlio No”: “Daremo voce alle famiglie nelle piazze e nelle istituzioni – afferma il portavoce di Pro Vita Jacopo Coghe – con incontri pubblici, manifestazioni e azioni di sensibilizzazione. Chiederemo una legge che garantisca la libertà educativa e impedisca la propaganda ideologica in classe. Con affissioni, campagne visive e una grande petizione popolare, renderemo visibile un dissenso sempre più forte, diffondendo testimonianze di genitori e studenti”. E avverte: “Se continueremo a essere ignorati, siamo pronti a portare le famiglie davanti al ministero dell’Istruzione per chiedere risposte e provvedimenti concreti. Il silenzio e l’inazione non sono più accettabili: il Governo ha il dovere di agire subito e rispettare gli impegni presi con i cittadini”.
La Redazione