Roma, 9 mar – Nei mesi scorsi abbiamo attraversato più volte le vie romane che collegavano tra loro le più lontane città dell’Impero Romano. Oggi però, continuando la nostra marcia sulle tracce delle legioni dei Cesari, affrontiamo un notevole dislivello salendo sulle maestose Alpi svizzere in compagnia di un escursionista e di un team di archeologi. Già nel secolo scorso, durante uno scavo a valle delle Alpi bernesi, gli archeologi scoprirono un cippo con incisa un epigrafe latina, che raccontava come gli antichi abitanti della zona veneravano le Alpi come fossero vere e proprie divinità. Per chi ama la montagna, questo paragone ancestrale non sarà di certo nuovo, anzi; dalla loro imponenza che, come il Monte Olimpo, arriva a toccare i cieli, fino al custodire antiche conoscenze e segreti, i monti europei affascinano e vengono ancora divinizzati anche oggi. Fortunatamente!
Una “ricca” escursione tra le Alpi
Tempo fa, un escursionista elvetico in marcia tra le rocce dell’altopiano alpino bernese, all’incirca sotto la vetta del monte Ammertenhorn (2660 m.s.l.m.), ha fatto una piccola grande scoperta destinata a svelare un tesoro molto più grande. Tra le pietre solcate dall’alpinista, l’occhio attento dello stesso ha individuato quella che fin dal primo momento è apparsa come una moneta molto antica. Forse anche per evitare che tale reperto fosse sottratto a tutta la comunità, l’escursionista ha recuperato la moneta segnando il punto del ritrovamento, per poi avvertire le autorità locali. Passano i mesi e, durante la scorsa estate, un team di ricercatori svizzeri sono saliti dunque in quota per condurre una serie di scavi archeologici nell’area. Il risultato di tale ricerca è stato presentato, con grande interesse della comunità scientifica, nei giorni scorsi al Museo storico di Berna. La Soprintendenza Archeologica svizzera ha infatti annunciato il ritrovamento di un vero e proprio tesoro di epoca romana, con un centinaio di monete antiche, una reliquia votiva in bronzo, 27 cristalli di rocca e altri preziosi oggetti, probabilmente custoditi dal monte a seguito di un rito votivo dedicatogli dall’uomo.
Un antico tesoro dedicato alla montagna
Anche se tutt’ora oggetto di studio e interpretazioni, la scoperta effettuata dai ricercatori bernesi è davvero straordinaria: sia per il ricco tesoro rinvenuto, sia per le motivazioni che si potrebbero celare nella sua stessa “posa ad alta quota”. “Il tesoro conchiuso di 65 monete d’argento celtiche e romane che ora mostriamo al pubblico – ha dichiarato la Soprintendenza Archeologica di Berna – fu messo insieme attorno al 20 a.C. e depositato in un piccolo recipiente nel terreno quando l’area degli Elvezi faceva già parte dell’Impero Romano. Tra le emissioni ci sono denarii e quinares dell’epoca della Repubblica Romana e quelli coniati da noti personaggi storici come Cesare, Marco Antonio e Ottaviano/Augusto. I tesori di monete di questo periodo sono rari. Anche perché un numero così elevato di monete d’argento aveva un valore considerevole: circa 2,5 paghe mensili di un legionario romano”.
Gli Elvezi nel De Bello Gallico
Ripercorrendo la storia, è giusto ricordare che nel 59 a.C., 40 anni prima che questo tesoro fosse affidato alle cime bernesi, il divino Giulio Cesare inaugurò il “De Bello Gallico” proprio lungo l’arco alpino che, ancora oggi, divide l’Italia dalle attuali Francia, Svizzera e Austria. Nel corso dell’impresa compiuta dalle legioni del comandante discendente di Enea, popoli agguerriti come Celti, Cimbri ed Elvezi furono sconfitti e ri-pacificati sotto le raggianti insegne romane. Per debellare la minaccia gallica, Cesare in Italia reclutò 29.000 soldati in cinque nuove legioni. Sul loro fronte, un totale di 368.000 Elvezi poterono contare invece su 92.000 guerrieri disposti a combattere contro Roma. Nonostante il numero nettamente inferiore delle legioni romane, l’ineguagliabile preparazione bellica unita allo straordinario genio militare di Cesare, costrinsero gli Elvezi a lasciare le terre italiche dell’arco alpino, distruggendo nella ritirata i propri villaggi. Una volta ricompattati in quello che oggi è il territorio francese della Borgogna, all’epoca terra degli Edui, gli Elvezi affrontarono l’esercito romano nella celebre Battaglia di Bibracte. Uscendo sconfitti dalla lotta contro le legioni di Cesare, circa 110.000 superstiti Elvezi furono costretti a tornare sul proprio altopiano. Forse questo racconto, narrato in terza persona da Caio Giulio Cesare nel De Bello Gallico, ha poco a che fare con il ritrovamento dell’antico tesoro svizzero; però ci sembrava corretto ripercorre quantomeno questi importanti passaggi storici, che precedettero temporalmente gli avvenimenti che portarono alla sua sepoltura ai piedi delle cime bernesi.
Andrea Bonazza