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Augustobriga, la città romana sommersa riemerge con la siccità

by Andrea Bonazza
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Roma, 13 gen – Di nuove scoperte archeologiche avvenute grazie alla siccità, nella rubrica Sulle tracce degli avi, ve ne abbiamo già abbondantemente parlato. Quella che vi presentiamo oggi, però è una scoperta straordinaria, avvenuta nell’Europa mediterranea e che riguarda da vicino noi italiani. Le legioni dei nostri antenati Romani, infatti, circa duemila anni fa, marciando sulla strada romana che collega Mérida (Augusta Emerita) a Saragozza (Caesaraugusta), trovarono il luogo ideale per fondare un’oasi urbana fedele all’Impero e lo chiamarono Augustobriga. L’insediamento di Augustobriga ottenne la cittadinanza nell’anno 74, con Vespasiano. Secondo Plinio era una città soggetta a tributo e godeva di diritto latino fin dal I secolo, nel II secolo dovette essere costruito il colonnato dei Marmi, nel III secolo le sue mura. Presumibilmente nel III secolo, Augustobriga, questo il suo antico nome, diventa municipium e, sebbene le fonti antiche che la menzionano sono purtroppo molto scarse, dalle rovine giunte fino a noi possiamo dedurre essere divenuta una città fiorente.

La città romana inghiottita dalle acque

Tra il 1957 e il 1963, però, Augustobriga venne sommersa dalle acque del bacino di Valdecañas (Cáceres), rendendo visibili le sue rovine solo in periodi di siccità. Dell’antico insediamento romano, per secoli sono rimaste in piedi ad essere ammirate solo le rovine della curia, “los Mármoles“, che servì da modello per ricostruire il tempio di Diana de Mérida. Negli ultimi mesi di questo 2022 appena trascorso, però, gli archeologi spagnoli hanno approfittato della mancanza di pioggia e sfruttato la siccità per approfondire le ricerche nell’antico sito. Con il livello dell’acqua giunta ai suoi minimi storici, i ricercatori iberici hanno tentato di ricostruire la struttura della città romana inghiottita sette decenni fa dalle acque di Valdecañas.

Senatus Populusque Augustobrigensium

Le indagini svolte dagli archeologi hanno portato anche alla scoperta di alcuni templi tutt’ora oggetto di studio, tre necropoli, una possibile cisterna e un’iscrizione funeraria. Le fonti antiche indicavano in Augustobriga il centro urbano romano della Lusitania vetoniana e, il suo toponimo, deriverebbe dall’unione del nome dell’imperatore Augusto con la parola “briga”. Questa parola, che potrebbe indicare una massiccia attività lavorativa del sito, è molto comune anche in altri insediamenti celtiberici come Turobriga o Dessobriga. Fino a quando, nell’Ottocento, venne scoperta per la prima un’epigrafe con inciso il testo Senatus Populusque Augustobrigensium, nessuno conosceva il nome di Augustobriga. Vi è però anche un’altra iscrizione del I secolo ritrovata a Talaverilla che dice: “Caio Julio Clavero della tribù Galeria, figlio di Caio, al Senato e città di Augustobriga concede un favore come Ospite”. Nel 1931, periodo di grande valorizzazione culturale in tutta Europa, due dei grandi templi che sorgevano nell’antico foro di Augustobriga furono dichiarati Monumento Storico-Artistico nazionale.

La mappatura dell’antica città sommersa

La Direzione Generale dei Beni Culturali e delle Belle Arti del Ministero spagnolo della Cultura e dello Sport, in coordinamento con la Junta de Extremadura, nel 2021 ha iniziato ad effettuare voli fotogrammetrici e rilievi della superficie del sito. Venne così recuperata un’iscrizione funeraria e diversi reperti di epoca romana tardoantica. Grazie a queste indagini effettuate con le più moderne tecniche scientifiche, i ricercatori sono riusciti così a stabilire la forma e la struttura di questa città che si pensava perduta per sempre. il team di archeologi, comunque, avvisa già che in futuro “sarà necessario effettuare altri interventi sul sito, finalizzati sia a valutare lo stato di conservazione della città, sia a svolgere indagini geofisiche che forniscano informazioni in merito all’individuazione di alcune strutture urbane”. Nonostante il grave periodo di siccità che sta affrontando l’Europa meridionale, l’intera città romana giace ad oggi ancora sott’acqua ed è oggetto di escursioni e ricerche subacquee.

Andrea Bonazza

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