Bergamo, 28 dic – Dopo 18 anni la Procura di Bergamo rispolvera un caso giudiziario oramai dato per archiviato anche dai più zelanti manettari e chiede il rinvio a giudizio per 34 camicie verdi. Si, sono proprio i leghisti della prima ora, quelli della Guardia Nazionale Padana, ad essere accusati adesso di “aver promosso, costituito, organizzato o diretto un’associazione di carattere militare”. Fosse vivo verrebbe da ridere anche a Bernardo Gui, il domenicano autore del celebre “Manuale dell’inquisitore”, ma in Italia è sempre più “Il Processo” di Kafka ad accreditarsi come lettura universitaria nelle facoltà di Giurisprudenza.
Ripercorrendo rapidamente la storia scopriamo che tutto ebbe inizio nel 1996. Fu forse tra un pandoro e una bottiglia di Valpolicella, che l’allora procuratore di Verona Guido Papalia, contestò nientemeno che il reato di “banda armata” alla Guardia Nazionale Padana, accusandola di aver pianificato la secessione da Roma ladrona attraverso l’utilizzo di armi, fucili e pistole. Dopo anni di rinvii, reati cancellati, leggi riviste, “insindacabilità degli indagati parlamentari”, insomma dopo aver assistito alla solita soap opera giudiziaria, le porte dei tribunali si aprono per avviare il tanto agognato processo contro il temibile gruppo paramilitare.
E’ forse tra un piatto di polenta e una bottiglia di Moscato che qualcuno si accorge ora che no, la competenza non è della procura di Verona, ma di Bergamo. “In effetti – dichiara ironico Matteo Salvini a Il Giornale – hanno scoperto che Pontida è in provincia di Bergamo e non in Veneto”. Ovvero, i magistrati hanno stoppato tutto passando poi la palla ad un’altra città, in un’altra regione, perché l’atto fondativo del “Comitato provvisorio per la liberazione della Padania” è avvenuto appunto a Pontida.
Ecco allora che quasi venti anni dopo, durante le feste natalizie, i pm lombardi provano a convincerci, se mai qualcuno non si fosse convinto abbastanza, che in effetti a pensar male qualche volta ci si azzecca. E che un processo così rapido e convincente sia stato riavviato proprio quando tutti i sondaggi danno il leader leghista Matteo Salvini in ascesa di consensi a livello nazionale. Certo, stavolta a pensar male si potrebbe far solo peccato e leggendo meglio tra le righe de “Il Processo” di Kafka potremmo pure scoprire che anche il peccato è processabile.
Nel frattempo riflettiamo, a bassa voce: magari è una burla, non stanno sul serio riaprendo un caso fantozziano degli anni novanta.
Matteo Salvini, da parte sua, ha invece alzato il tono della propria di voce, via facebook: “Chiederemo conto ai giudici, e al Ministero della In-Giustizia, dei milioni di euro spesi per processare le IDEE di 34 padri di famiglia.” Come dargli torto.
Eugenio Palazzini