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È la solita manovra che sposta soldi ma non ne immette nell’economia

by Alberto Celletti
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manovra sposta soldi

Roma, 31 ott – Con la manovra economica, da decenni, c’è da aspettarsi due tipi di orientamenti: o continuare ad incrementare le tasse per finanziarla, portando all’impoverimento di nuove categorie di italiani (senza far crescere chi già sta peggio) oppure “spostare” il denaro da un settore all’altro, in una sorta di “ping pong” di risorse per concentrarsi su ciò che è percepito come urgente nel contesto presente ma senza, in pratica, costruire nulla di solido per il futuro.

La manovra ping pong “sposta soldi”

La manovra sposta i soldi, lo Stato in generale sposta soldi. Se il precedente governo di Mario Draghi li aveva spostati sul caro benzina, per fare un esempio spicciolo, l’attuale abbandona i carburanti praticamente dall’inizio del suo mandato e li sposta sulla social card, dando pochi spiccioli peraltro, perché di darne tanti purtroppo non c’è possibilità, perché la coperta è sempre quella. Salti della quaglia di risorse che non ci sono, insomma. Ora l’ultimo dei ping pong finanziari riguarda gli affitti brevi. Serve qualcosa da cui drenare, sempre, in un vortice che sembra quello di un tossico alla costante ricerca di denaro per pagarsi le dosi. E allora aumentiamo la cedolare secca al 26%, perché con il 21% non abbiamo i soldi per intervenire sui pannolini e lasciarvi l’Iva agevolata al 10%. Ma questo, chiaramente, vale per oggi. Del doman non v’è certezza. Fino al prossimo ping pong.

Se un giorno ti aiutiamo, prima o poi ti richiediamo

Lo abbiamo visto chiaramente con il superbonus al 110% per le ristrutturazioni edilizie, praticamente uno dei pochissimi aiuti seri di Stato all’economia degli ultimi anni, di cui avevano beneficiato in tanti. Lo Stato che non ha soldi e che deve sempre riparare sul fronte di un debito che non è riparabile in nessun modo magari interviene in un settore, in questo caso sull’edilizia. L’aiuto è concreto, ma i bilanci, i conti da tenere a posto, la classica “coperta corta” di ispirazione bruxelliana lo costringono a rivedere le sue scelte precedenti. E allora annulliamo tutto, o comunque lo facciamo pagare caro, non solo annullando il superbonus con un governo successivo che magari ha altre percezioni primarie da far finta di soddisfare, ma anche provando a chiedere indietro a spizzichi i soldi che precedentemente lo Stato stesso aveva elargito: così, via di tasse agli immobili che sono stati ristrutturati. L’aiuto precedentemente è già compromesso. Si salta da una risorsa all’altra perché non è quasi mai possibile immettere denaro nell’economia, e quel poco che si fa (come i 14 miliardi in deficit che ci saranno in questo caso) suscita pure discussioni e polemiche. Non ci vuole molto a capire come questa impostazione non sia sostenibile in alcun modo. Uno Stato con le sue mastodontiche strutture e necessità di spesa non si può gestire come un’azienda. Banalità, forse, ma che va ripetuta.

Alberto Celletti

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