Roma, 6 mag – Docente di Finanza Aziendale presso l’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara e di Corporate & Investment Banking e Mercati Finanziari & Commercio Internazionale presso la Link Campus University di Roma, Antonio Maria Rinaldi ha svolto negli anni passati molti incarichi operativi in banche italiane al Servizio Borsa della Consob, fino a ricoprire la carica di Direttore Generale della Sofid, società capogruppo finanziaria dell’ENI. Autore dei saggi “Il Fallimento dell’Euro?” e “Europa Kaputt,(s)venduti all’euro”, è membro del Manifesto di Solidarietà Europea per il ritorno concordato alle valute nazionali.
– Durante la giornata del primo maggio ha partecipato al corteo “Euro? No grazie” svoltosi a Torino. Può dirci i motivi dell’adesione a questa manifestazione?
– Io, come Fusaro ed altri, andiamo a tutte le manifestazione divulgative che professano il ritorno alla sovranità monetaria, indipendentemente dal credo politico. In questo momento storico non ci devono essere divisioni in fazioni politiche all’interno del popolo italiano, ma è necessario essere uniti per raggiungere l’obiettivo.
– Come già scritto sul nostro giornale, ad oggi la disoccupazione in Italia si colloca a 12.7 punti percentuali. La festa del lavoro, quindi, continua a perdere senso. Che collegamento c’è tra la crisi del lavoro e la moneta unica europea?
– Il primo maggio dovrebbe essere la festa del lavoro. Oggi, purtroppo, andrebbe chiamata festa del non lavoro. Come ha ricordato, infatti, ci troviamo formalmente una disoccupazione quasi al 13%, pur sapendo perfettamente che l’effettiva percentuale di disoccupazione è molto più alta. A questo 13%, difatti, fanno fede le indicazioni dell’Istat, ma è risaputo che molte persone che perdono il lavoro non si iscrivono più agli uffici di collocamento perché hanno perso ogni speranza. Quindi, la disoccupazione reale, si attesta presumibilmente sul 20%. Questi dati sono vergognosi per un paese che si accredita ancora di essere democratico. Tornando alla domanda, l’Euro è fatto apposta per aumentare la disoccupazione. Per un motivo molto semplice: questo modello monetario si basa sulla stabilità dei prezzi, cioè sul contenimento dell’inflazione. Ebbene, questo significa uccidere il lavoro. Questo è evidente perché noi sappiamo che, secondo la curva di Phillips, esiste una cooperazione inversamente proporzionale tra il tasso di occupazione e l’inflazione. Ciò è verificato dal fatto che, avendo 18 paesi a cambio fisso, la competitività che prima poteva anche passare attraverso l’assestamento di cambio, ora può avvenire solo attraverso la svalutazione dei salari. A ciò si deve aggiungere una globalizzazione selvaggia che ha portato a una forte delocalizzazione alla ricerca di salari più bassi e più “competitivi” e alla conseguente deindustrializzazione dell’Italia. Con l’occasione aggiungo: Renzi, invece di fare propaganda elettorale con i famosi 80 euro, avrebbe dovuto devolvere questi famosi 10 miliardi per creare nuovi posti di lavoro.
– Come abbiamo detto, lei è firmatario del Manifesto di Solidarietà Europea per il ritorno concordato alle valute nazionali. Ci può dire quali sono a suo avviso le condizioni per il ripristino della sovranità monetaria? Quali rischi correrebbe il nostro paese?
– Il fatto di poter a tornare alla moneta nazionale significa essenzialmente poter ritornare ad autonome politiche economiche tarate esattamente alle esigenze del paese. Significa potersi riappropriare degli strumenti propri di uno Stato sovrano e poter compiere politiche fiscali e di investimento tarate esattamente sulle nostre esigenze. D’altronde quando i sostenitori della moneta unica dicono “se dovessimo tornare alla lira questa si svaluterebbe almeno del circa 25%” ci danno perfettamente ragione. Ci danno ragione perché nessuna nazione può sopravvivere con un cambio della propria moneta, come avviene oggi con l’Euro, sopravvalutata del 25-30% rispetto ai fondamentali della propria economia. Il fatto stesso che si dica che la lira si svaluterebbe, dà quindi ragione ai critici della moneta unica europea. Aggiungo un concetto: per poter compiere queste politiche economiche uniche è stato mortificato il concetto di democrazia, perché è stato interrotto il processo democratico tra cittadini e istituzioni. I cittadini non possono più giudicare l’operato dei governi, in quanto questi sono stati completamente esautorati dai meccanismi dettati da Bruxelles. Con la moneta unica abbiamo ceduto il voto dei cittadini ai mercati.
– Cambiando totalmente discorso, le voglio fare una domanda sul Movimento 5 Stelle. La posizione euro-scettica del partito è chiara?
– Io non ho le credenziali per poter esprimere giudizi su partiti e movimenti. Nonostante ciò, partecipando a molte iniziative del M5S, ho notato che la grandissima maggioranza di base è perfettamente allineata ai concetti contro l’Europa fin qua da me espressi. Rimane il fatto che Grillo e Casaleggio, con i sette punti per l’Europa, non sono molto chiari. Casaleggio si auspica gli eurobond, passo finale per la cessione di sovranità monetaria irreversibile. Questo è difficile farlo conciliare con un’uscita dall’Euro. A fronte di un’emissione di eurobond, si legherebbe per sempre l’Italia alla moneta unica, perché il debito verrebbe denominato in Euro e non più sotto la giurisdizione italiana. Inoltre dovremmo asservire a garanzia collaterale tutti i nostri asset, il nostro oro e parte della nostra fiscalità. L’eurobond sarebbe l’abdicazione irreversibile della sovranità monetaria di un paese. Per questo Grillo e Casaleggio non sono molto convincenti da questo punto di vista.
Renato Montagnolo