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Lo sconcertante caso dell’omicidio di Denis Bergamini

by Roberto Johnny Bresso
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Roma, 5 lug – Nella lunga e travagliata storia degli errori giudiziari italiani, per anni un caso è rimasto sommerso nei trafiletti di cronaca per poi venire dimenticato, salvo poi riemergere e, forse, ottenere giustizia solamente grazie alla caparbietà di alcune coraggiose persone. Oggi racconterò lo sconcertante caso dell’omicidio di Denis Bergamini.

Un centrocampista di classe

Donato Bergamini, da tutti chiamato però Denis, nasce ad Argenta, in provincia di Ferrara, il 18 settembre 1962 e da bambino si appassiona al calcio. Il suo fisico si sviluppa tardi, nell’adolescenza, ragion per cui la sua carriera inizia solamente nel 1982 in Interregionale con l’Imola. L’anno successivo passa al Russi, sempre nella stessa categoria. A dispetto della stazza non proprio imponente, è un centrocampista di gran classe. Viene quindi notato dal Cosenza, in Serie C1, che lo porta in Calabria nel 1985, dove resterà fino alla tragica morte avvenuta nel 1989, quando la squadra giocava la sua seconda stagione in Serie B.

Pochi mesi prima il Parma aveva provato ad acquistarlo, ma la società lo aveva dichiarato incedibile. E poi Denis non voleva andarsene. Perché in quel Cosenza aveva trovato un gruppo umano come nel mondo del calcio già allora se ne trovavano raramente. Amici prima che compagni di squadra, in particolar modo il portiere Luigi Simoni, ferrarese come lui, e l’attaccante Michele Padovano, futuro campione d’Europa con la Juventus.

L’omicidio Bergamini, un caso chiuso in fretta e furia

Ma la vita di Denis Bergamini terminò il 18 novembre 1989. Ovvero quando, sulla piazzola di sosta della strada statale 106 Jonica, all’altezza di Roseto Capo Spulico, si suicidò gettandosi sotto un camion, quando era in compagnia dell’ex fidanzata Isabella Internò. Ma le cose erano andate veramente in questo modo? Familiari, specialmente la sorella Donata a lui molto legata, amici e compagni di squadra esclusero vigorosamente la possibilità di un gesto tanto estremo.

Inoltre, le ferite sul corpo di Denis non erano certo compatibili con la versione di un corpo trascinato da un tir per oltre sessanta metri. Le indagini (in mala fede?) condotte da carabinieri, inquirenti e medici però si affrettarono a chiudere il caso in fretta e furia, caso che venne archiviato come un suicidio.

Le investigazioni private

Qui entriamo quasi dalle parti di una puntata della riuscita serie tv Cold Case (nel caso non l’aveste mai vista vi consiglio di recuperarla). La sorella Donata Bergamini ed i genitori, mettendo fondo in maniera importante alle proprie finanze, non accettarono la ricostruzione ufficiale, perché da subito quello che non tornava era il rapporto con l’ex fidanzata. Isabella Internò infatti proveniva da una tradizionale famiglia locale, per la quale l’onore veniva priva di qualsiasi altra cosa.

Tramite investigazioni private e confessioni di persone vicine alla coppia emerse infatti che la ragazza era rimasta incinta di Bergamini. Ma ormai i due si erano già lasciati: quindi il calciatore era disposto a prendersi le responsabilità di padre, ma non quella di sposarla. Soluzione che per la famiglia di lei era da considerarsi un’onta non minimamente accettabile. Molto probabilmente Denis accompagnò Isabella a Londra ad abortire, ma la cosa non fu sufficiente affinché la reputazione di lei fosse preservata.

Il caso Bergamini e le crepe della giustizia nostrana

Nonostante tutti questi nuovi pesanti indizi la procura si ostinava a non voler riaprire il caso. Almeno fino a quando la perseveranza di persone come gli ultras del Cosenza, il gruppo Facebook Verità per Denis ed i giornalisti di Sky Silvia Vallini e Bruno Palermo fecero di tutto per portare in prima pagina questo scandalo tutto italiano. Denis non si era suicidato e nemmeno era stato ucciso dalla malavita per traffico di droga o calcio scommesse, come qualcuno aveva insinuato.

Denis era stato portato in quella piazzola di sosta e soffocato. Probabilmente con un sacchetto di plastica, da una persona che era in compagnia di Isabella Internò, per poi essere gettato sotto un camion per inscenare il suicidio. Finalmente il 29 giugno 2011 la procura di Castrovillari riaprì il caso, nel 2021 la Internò venne processata per l’omicidio in concorso con persone ignote (forse un familiare?) e l’1 ottobre 2024 condannata in primo grado a sedici anni di carcere. Naturalmente siamo ancora ben lontani dalla certezza e dalla giustizia. Ma questa triste storia, oltre a svelare le troppe crepe della giustizia nostrana, ci mostra anche come, a volte, le singole persone possano davvero lottare e sconfiggere i mulini a vento.

L’amicizia con Michele Padovano

La dolorosa vicenda di un ragazzo perbene come Denis Bergamini, a cui oggi è intitolata la Curva Sud dello stadio di Cosenza, curiosamente e beffardamente si è anche incrociata con quella dell’amico Michele Padovano, arrestato nel 2006 con la falsa accusa infamante di traffico internazionale di stupefacenti, kafkiana vicenda giudiziaria che lo ha devastato per diciassette anni, prima di essere dichiarato del tutto estraneo ai fatti. Michele Padovano ha chiamato suo figlio Denis ed è ancora molto legato alla famiglia Bergamini. Forse il miglior finale possibile.

Roberto Johnny Bresso

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