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Tra crisi, pandemia e sanzioni: ripartire si può (e anzi si deve). Ecco come

by Walter Parisi
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crisi economica

Uscire della crisi economica e sociale provocata da un biennio di gestione pandemica fallimentare – alla quale, adesso, si è associata la guerra in Ucraina – non sarà assolutamente facile, soprattutto per un’economia come quella italiana, ormai provata da oltre un decennio di governi incompetenti ed eterodiretti che hanno portato la nostra nazione sull’orlo del baratro.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di maggio 2022

Ma se è vero che la politica di bilancio, con scostamenti che non tengano conto dei farneticanti diktat europei, è la chiave per ridare slancio e impulso a un sistema produttivo asfittico e a serio rischio implosione, è altrettanto vero che lo strumento pratico più efficace per attuare tale politica – e ottenere risultati sostanziali e rapidi – è la leva fiscale.

Crisi infinita? Le soluzioni ci sono

I metodi di intervento sul sistema tributario possono essere svariati: si passa da una diminuzione generalizzata delle imposte dirette e indirette – che aumenterebbero il reddito spendibile dei cittadini – all’introduzione di detrazioni o deduzioni d’imposta che indirizzerebbero le spese di famiglie e imprese verso determinati prodotti e servizi, fino ad arrivare ad agevolazioni fiscali previste solo per le aziende operanti in alcuni settori economici. La gamma degli interventi è estremamente variegata e dipende, principalmente, dagli obiettivi strategici di politica industriale che si vogliono perseguire. Non dobbiamo mai scordarci che l’Italia – nonostante i ripetuti tentativi di smantellamento del suo apparato produttivo – è una potenza manifatturiera di prim’ordine. Proprio per questo motivo le soluzioni migliori sarebbero tre.

In primo luogo, si potrebbero prevedere agevolazioni fiscali per l’acquisto di beni prodotti o servizi erogati da imprese italiane. Lo strumento delle detrazioni e deduzioni, come sopra accennato, sarebbe il migliore. La seconda soluzione sarebbe invece quella di prevedere una tassazione agevolata nei confronti di operatori economici attivi in settori in via di sviluppo, allo scopo di colmare la distanza rispetto alle imprese concorrenti straniere. Infine, la terza soluzione sarebbe la drastica diminuzione del cosiddetto «cuneo fiscale» a carico delle imprese nazionali, in modo da far diminuire sensibilmente i prezzi dei prodotti e renderli più competitivi, soprattutto sui mercati internazionali. In questo modo verrebbero favorite le esportazioni.

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Le soluzioni, come abbiamo visto, sono molteplici e l’una non esclude l’altra. Anzi, una giusta combinazione di tutte e tre potrebbe ottenere risultati migliori. Sicuramente, però, dobbiamo imparare una lezione dal passato recente: ovvero, che non è sufficiente una buona idea per ottenere i risultati sperati, perché nel passaggio dalla teoria alla pratica si devono calibrare i provvedimenti, valutare in anticipo i possibili contraccolpi negativi e prevenirli. Sussiste sempre il serio rischio, infatti, di non raggiungere gli obiettivi prefissati, e addirittura – in alcuni casi – di peggiorare la situazione.

Errori da evitare

L’esempio più lampante di ciò che andrebbe evitato nel futuro è fornito dal cosiddetto Superbonus 110%. Si tratta di un provvedimento fiscale che avrebbe dovuto far ripartire il settore edile dopo oltre dieci anni di crisi nera ma che, dopo un iniziale effetto positivo, ha provocato danni che richiederanno tempo e soldi per essere riparati completamente. Pensiamo solo al fatto che con gli interventi di efficientamento energetico, incentivati dalla detrazione al 110%, si è andati a favorire un settore, come quello delle energie rinnovabili, in cui l’Italia è indietro da decenni. Non esistono grandi imprese nel settore del solare e del fotovoltaico: buona parte della tecnologia deve essere importata. Quindi i miliardi di euro pubblici, stanziati per la copertura di tale misura fiscale, sono finiti direttamente all’estero, sottraendo ricchezza e manodopera all’Italia. Col senno di poi – ma anche con quello di prima – sarebbe stato molto meglio agevolare le startup italiane del settore con detassazioni e contributi a fondo perduto.

Inoltre con il Superbonus, aperto a una platea immensa e indiscriminata di contribuenti, si è intervenuti su un settore, quello edile, in grave crisi da oltre un decennio, provocando un repentino surriscaldamento della domanda e creando, come conseguenza naturale, una spinta inflazionistica dei materiali, che ha sortito l’effetto opposto a quello perseguito. L’aumento dei prezzi delle materie prime e dei materiali, infatti, ha determinato una…

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