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Germania in svolta sull’immigrazione: rinforzi al confine, stop ai richiedenti asilo

by Sergio Filacchioni
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Germania

Roma, 8 mag – Dopo anni di parole, ambiguità e buonismi a comando, in Germania sembra arrivare finalmente una stretta concreta sul fronte immigrazione. Non si tratta più di semplici annunci o promesse elettorali: il governo guidato da Friedrich Merz ha rotto gli indugi e deciso di affrontare la questione migratoria con misure dirette e incisive. La prima mossa del ministro dell’Interno Alexander Dobrindt, esponente della CSU bavarese, è già operativa: tra i 2.000 e i 3.000 agenti aggiuntivi sono stati dislocati lungo i confini della Repubblica Federale, un rinforzo che si somma agli 11.000 già presenti.

La Germania blocca i richiedenti asilo

Ma la vera svolta arriva sul piano del diritto d’asilo: da ora in poi, anche i richiedenti asilo verranno respinti direttamente alla frontiera. Viene così abolita quella deroga introdotta nel 2015, in piena crisi migratoria, che consentiva l’ingresso anche a chi fosse privo di documenti. Una misura che all’epoca aprì le porte a centinaia di migliaia di persone, spesso senza alcun controllo effettivo, con le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti: tensioni sociali, crescita della criminalità, islamizzazione strisciante di interi quartieri. Naturalmente non sono mancate le proteste delle solite anime belle, quelle che parlano di “violazione del diritto europeo” e “diritti umani” ogni volta che si cerca di difendere la sovranità di una nazione. Ma il messaggio di Merz e Dobrindt sembra chiaro: non saranno più i “santi” di Bruxelles a dettare la linea sulla sicurezza tedesca.

Una svolta dettata dalla crescita di AfD

Ovviamente, la Germania e il suo nuovo governo non sono stati “illuminati” sulla via di Damasco. A far da apripista a questa svolta, c’è sicuramente la crescente pressione elettorale dell’AfD, che da mesi vola nei sondaggi e rappresenta ormai una consistene parte dell’elettorato tedesco. I cristiano-democratici sembrano aver capito che inseguire la sinistra sul terreno dell’accoglienza è una strategia suicida. Di fronte al malcontento popolare, serve la fermezza e non la retorica. Non è un caso che anche da Varsavia, dove Merz ha incontrato il premier polacco Donald Tusk, sia arrivata una sponda prudente ma significativa. La linea dura di Berlino ha provocato l’immediata reazione di Tusk, che ha lanciato una stoccata sui “problemi provocati da altri Paesi”: in altre parole, la Polonia non è disposta a scontare le decisioni unilaterali di Berlino. Respingendo i richiedenti asilo alla frontiera tedesca infatti, c’è il rischio che questi restino bloccati nei Paesi di transito (come Polonia, Repubblica Ceca o Austria), scaricando su di essi il peso dell’accoglienza e della gestione dei flussi. Tusk ha però implicitamente aperto ad una possibilità: anche la Polonia potrebbe iniziare a respingere i richiedenti asilo e favorire attraverso una seria concertazione una risposta europea sull’immigrazione.

L’Unione Europea al bivio di un percorso

L’Unione Europea, che da anni favorisce un modello multiculturale posticcio e ideologico, è a un bivio storico. Se anche la “locomotiva tedesca” cambia binario, allora forse qualcosa si sta finalmente muovendo. I muri tornano a salire e la parola “confine” riprende a significare qualcosa. Un cambio di passo che potrebbe diventare un precedente per altri governi decisi a difendere la propria identità, senza più inchinarsi ai dogmi della globalizzazione o ai diktat delle ONG. Certo, dopo anni di immobilismo e lassismo, è facile lasciarsi prendere dall’entusiasmo per una svolta che pare finalmente concreta. Ma serve lucidità: chi oggi ha cambiato idea per convenienza politica, domani potrebbe tornare sui propri passi con la stessa disinvoltura. Giusto per dire, dieci anni fa la Germania proponeva di tagliare i fondi dell’Ue per i Paesi che si opponevano alle quote obbligatorie di accoglienza. Bene così, dunque, ma senza illusioni. La difesa dei confini e dell’identità europea non può più dipendere dagli umori elettorali.

Sergio Filacchioni

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