Roma, 30 ott – I maranza del Duce in quel di Genova, falci e martelli fascisti a Venezia. Dove un gruppo di attivisti del Fronte della Gioventù Comunista all’Università Cà Foscari ha interrotto un incontro con Emanuele Fiano. “Atteggiamento fascista” l’ha definito l’ex deputato democratico. Eppure della stessa parrocchia, secondo la sempre contraddittoria parte sinistra dell’opinione pubblica, farebbe pure parte il governo Netanyahu. Come, superfluo ribadirlo, gli esecutivi Meloni, Trump o quello presieduto da Orban. Ed Elon Musk dove lo mettiamo?
Fascisti, ovunque fascisti
Senza dimenticare Vladimir Putin, tra le altre cose ex funzionario del Kgb, definito da Repubblica nel non lontano gennaio 2024 il “volto del fascismo di oggi”. Un lustro prima addirittura il moderatissimo Antonio Tajani, attaccato dal presidente dall’Anpi Carla Nespolo, venne marchiato a fuoco per aver esplicitato un pensiero – Mussolini ha fatto anche cose buone – comune al 99% degli italiani.
Così una manciata di settimana fa in Piazza dei Cinquecento a Roma, di fronte alla stazione Termini, qualche utile idiota ha messo nel medesimo minestrone pure Karol Wojtyla, imbrattando la statua che omaggia Papa Giovanni Paolo II. Se non fossero seri, ci sarebbe quasi da ridere: capirci qualcosa tra il solito ossimoro dei fascisti rossi e la nuova antitesi degli squadristi-sedicenti-comunisti (Stefano Bonaccini dixit) è impresa ardua. Eppure la fascistizzazione del presente sembra il giochino preferito dalla sinistra – ma anche di certa destra.
Nulla è (stato) fascismo?
Fin qui nulla di nuovo. Spieghiamoci meglio. Sono le scorciatoie della politica parlata: realisticamente in questo primo quarto di secolo del terzo millennio quelle otto lettere sono state svuotate ad arte del loro significato. Questo paradosso dell’estensione eccessiva permette ai padroni del discorso di metterci dentro quello che fa loro più comodo – come precisa Antonio Rapisarda sul Secolo d’Italia “ogni cosa che non rientri nel proprio abbecedario” – coloro ai quali va sventolato in faccia il cartellino rosso del male assoluto.
E allora iniziamo a capire perché, per lor signori, se tutto può essere fascismo, nulla allora è (stato) fascismo.
Defascistizzare il passato
In una lettera scritta nel luglio 2000 Oriana Fallaci – che ben prima di diventare paladina delle crociate anti-islamiche fu una giovanissima partigiana – scriveva: “a me non pare che Giovanni Gentile fosse fascista”. In molti cercano ancora oggi a edulcorare la figura del filosofo siciliano, non riuscendo però a fare pace con la storia: l’autore del famoso ‘Manifesto degli Intellettuali’ fu convinto fascista (almeno dal 1923 fino al tragico epilogo personale) e gigante della cultura. Aspetti mai in contraddizione perché, semplicemente, non esistono due Giovanni Gentile.
Tra i casi maggiormente discussi c’è poi quello di Gabriele D’Annunzio, più volte tirato per la giacca dall’antifascismo – di sinistra e di destra, va detto. Il tentativo di defascistizzare il poeta-soldato – che si autodefinì precursore certo di quel che ha di buono il fascismo – non fa più nemmeno notizia (purtroppo). Qui il problema della discutibile teoria è però strutturale. Su queste stesse pagine, ragionando sulla genesi del movimento mussoliniano, scriveva il professor Alfonso Piscitelli: “Chiunque sia dotato di buon senso e di onestà intellettuale non può che rispondere che l’influsso del Vate sia stato preponderante”. Questo perché il Principe di Montenevoso “«già c’era» prima che Mussolini marciasse su Roma e rivoluzionasse l’Italia”. E comunque avrebbe decisamente più senso discutere di quanto sia stata dannunziana la rivoluzione delle camicie nere.
Una lista lunghissima
Ci hanno provato anche con Luigi Pirandello. Eppure l’autore di ‘Uno, nessuno e centomila’ nel settembre 1924 – ossia nelle settimane successive al ritrovamento del cadavere di Giacomo Matteotti – mandava un telegramma al primo ministro per “dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio” e chiedere l’iscrizione al Pnf.
Ci sarebbe poi, passando su altri piani, il caso dell’Inps. Il sistema pensionistico per come lo conosciamo nasce nella sua obbligatorietà con il regio decreto del 30 dicembre 1923. Peccato che oggi, un po’ dappertutto, si retrodati l’alba dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale a fine ‘800. Quando, essendo su base volontaria, non era ancora tale, e non solo per una questione di nome. Un po’ come lo strano compleanno della Rai nel 2024: il primo polo televisivo italiano diceva di aver festeggiato le settanta primavere. Un conteggio davvero anomalo, vista la fondazione dell’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche – diventato Radio Audizioni Italia nel ‘44 – risalente al 1927.
Medioevo moderno
Defascistizzare il passato per fascistizzare il presente? Sì, sembra proprio così. O almeno, si continua a procedere per letture distorte, parziali, prendendo un pezzo di qua e un pezzo di là. Ma avvelenare il dibattito sui fatti di cronaca contemporanei facendo intendere (a un pubblico sempre più superficiale) che quel determinato periodo storico sia stato solamente camionette e olio di ricino significa cancellare con un colpo di spugna due decenni di non così scontate conquiste sociali, grande sviluppo economico e brillante effervescenza culturale. Il fascismo è stato anche violenza, ma nel contesto di una società già violenta di suo, appena uscita da un conflitto mondiale e insanguinata dalla guerra civile – leggere alla voce biennio rosso.
La storia è appena appena più complessa di una messianica contrapposizione tra bene e male. Ma tanto vale mettersi l’anima in pace: il fascismo continuerà ad esser descritto come un medioevo moderno. Almeno noi possiamo tenerci stretti Dante e Federico II, Giovanni Gentile e Gabriele d’Annunzio…
Marco Battistini
 
			         
														 
 
	