Roma, 15 set – Studiando la storia capita spesso di imbattersi in qualche sovrano, condottiero o capo di Stato ricordato con un particolare soprannome. Gli epiteti dati ai potenti si rifanno quasi sempre a qualche particolare caratteristica fisica, morale o caratteriale che li contraddistingue.
Fin dall’antichità gli uomini più in vista ricevevano appellativi più o meno positivi. Nell’antica Roma ad esempio vigeva la tradizione di dare cognomina ex virtute, ovvero appellativi onorifici conferiti ad un comandante (durante l’età repubblicana) o ad un imperatore romano a seguito di una vittoria militare. Si trattava per lo più di aggettivi sostantivati, derivati dal nome di una popolazione o di una regione vinta o sottomessa. Emblematico è il caso di Publio Cornelio Scipione che dopo la decisiva vittoria a Zama sui cartaginesi fu chiamato “L’Africano”.
Probabilmente il periodo più fortunato per i soprannomi singolari è il Medioevo: Riccardo “Cuor di Leone”, Federico II “Stupor Mundi”, Guglielmo “il Conquistatore”. Non tutti però furono così fortunati da ricevere titoli tanto altisonanti e rispettabili. Basti pensare a Carlo “il Grasso” (l’origine dell’epiteto è facilmente intuibile), Enrico “l’Uccellatore” noto per la sua passione per la caccia o anche Pipino “il Breve”, chiamato così per la sua bassa statura. Bisognerebbe anche menzionare Carlo “il Pazzo”, sovrano francese che in un primo momento venne soprannominato “Beneamato” per la sua ottima politica economica e la sua sapienza nell’amministrare il regno, ma col passare del tempo si dimostrò facile all’ira e a crisi paranoiche (questo a dimostrare che la storia tende a ricordare meglio le imprese e le azioni peggiori degli uomini e soprattutto dei potenti).
Vale però la pena riflettere su uno specifico appellativo ovvero “Grande”. La mente sicuramente ci riporta subito ad Alessandro Magno, Costantino il Grande, Carlo Magno oppure, in Russia Pietro il Grande. La bizzarra caratteristica comune di questi personaggi è che approfondendo le loro vite e le imprese ci si rende conto che spesso furono personaggi dalla discutibile moralità. Costantino, ad esempio, fece uccidere suo figlio per paura di un complotto, Pietro fece lo stesso, e si narra che fu lo stesso zar a frustare a morte il figlio nella fortezza di San Pietroburgo. Analizzando la vita di un altro “Grande” come Federico II di Prussia possiamo notare come questi fosse un uomo totalmente cinico in politica quanto nella vita quotidiana, disilluso e assolutamente misantropo, sleale e spesso poco fedele ai patti. Amante delle arti e della letteratura, si faceva chiamare il “Re Filosofo” ed era particolarmente affascinato dagli ideali illuministi (non a caso amico intimo di Voltaire) ma approfondendo il suo modo di governare emerge il modus del tipico sovrano assoluto del ‘700. Incurante dei trattati, dava poco peso alle regole internazionali e agiva esclusivamente seguendo i propri interessi, a volte voltando completamente le spalle ai suoi alleati.
Sorge allora spontaneo chiedersi come mai la storia sia stata tanto generosa da preservare l’appellativo “Grande” a sovrani così ambigui. La risposta non va ricercata nella moralità di questi personaggi. Come prima cosa bisogna ricordare che ognuno di questi fu un vincente, molto spesso generali validissimi, trionfatori in innumerevoli battaglie e guerre tanto importanti da aver cambiato il precedente assetto europeo e mondiale. La risposta va ricercata nell’impronta che ciascuno di essi ha impresso nella storia, nelle scelte che questi sovrani hanno preso cambiando per sempre il corso degli eventi influenzando la storia stessa per secoli. Alessandro Magno con le sue conquiste esportò la cultura greca in Eurasia, Costantino riformò l’impero, permise e favorì la diffusione del cristianesimo, Federico il Grande grazie alle sue conquiste permise alla Prussia di diventare una potenza influenzando profondamente la storia tedesca ed europea fino alla seconda guerra mondiale.
Guardando il presente e soprattutto le democrazie occidentali si nota come i capi di Stato e i politici odierni non siano immuni dal ricevere soprannomi più o meno affettuosi o denigratori , ma è interessante notare come nella società odierna occidentale nessun capo di stato, premier o ministro sia mai stato nominato “Grande”. Neanche gli Stati Uniti, una delle democrazie liberali più vecchie di sempre ha mai chiamato un suo presidente “Grande”, neanche un personaggio importante come George Washington è stato mai soprannominato “the great”. Sorge quindi spontaneo porsi una domanda: perché attualmente non vi è nessuno degno o volenteroso d’esser chiamato “Grande”?
Lorenzo Terlizzi
4 comments
[…] Author: Il Primato Nazionale […]
Ma che c’entra Di Maio?
La grandezza umana è in antitesi alal democrazia .
Nulla di grande , specialmente di buono , può nascere in democrazia che andrebbe chiamata zombieland
…foese, semplicemente, ci si è resi conto che , tirando poi le somme, non c’è nulla di grande in un eseere umano..per quanto possa aver fatto è un mortale, vive e lotta, ma la sua fine è uguale a quella di qualsiasi essere vivente…