Mountain View, 12 ago – Ieri Larry Page, ceo di Google, ha dato a sorpresa un annuncio che ha lasciato tutti di stucco. Il colosso del Web si riorganizza in una nuova struttura che si chiamerà Alphabet.
Page sul sito della compagnia ha scritto: “Come scrivevo con Sergey 11 anni fa per spiegare la fondazione di Google, la nostra non è un’azienda convenzionale. E non abbiamo intenzione di diventare convenzionali adesso. Infatti, Google ha scommesso su aree che possono sembrare strane speculazioni se paragonate al core business. Ma molte delle imprese folli in cui ci siamo lanciati ora hanno miliardi di utenti, come Google Maps, YouTube, Chrome e Android. Per questo non ci siamo fermati. Non ci accontentiamo di fare sempre le stesse cose con piccoli cambiamenti incrementali. Nell’industria tecnologica sono le idee rivoluzionarie che creano nuove grandi aree di crescita”.
Secondo il Wall Street Journal: “Google ha creato una holding chiamata Alphabet Inc. che gestirà la sua vasta gamma di attività, dai robot alle auto senza conducente, dalla ricerca sull’invecchiamento alle tecnologie per le smart cities fino alle connessioni Internet ultra-veloci”.
Google in questi anni ha avviato decine di nuove attività. Il management non poteva non tenerne conto. La sua fonte primaria di guadagni resta la pubblicità, da cui ricava la maggior parte delle revenues (66 miliardi di dollari, 74 miliardi previsti per quest’anno) e quasi tutti gli utili. La società di ricerche eMarketer stima che Google intaschi un dollaro ogni 10 che vengono spesi in pubblicità nel mondo. La seconda maggiore fonte di entrate per Google è la vendita di app, musica e film tramite il Play store sui cellulari Android.
Il core business di Google Inc. si arricchisce di nuove attività. Dentro Alphabet confluiscono: Nest, che si occupa di connected home ed è diretta da Tony Fadell; Fiber, il servizio Internet ultra-veloce di Google; Calico, laboratorio di ricerca biotech diretto da Art Levinson; Google X, il laboratorio di ricerca che porta avanti progetti avveniristici come le self-driving car e i droni per la consegna delle merci; Google Ventures, la società di venture capital di Google; Google Capital, che si occupa di finanziamenti late-stage; e Sidewalk, progetto di tecnologia urbana (smart cities) diretto da Dan Doctoroff.
Gli analisti motivano questa scelta in maniera diversa. Ad esempio, secondo il Financial Times: “Larry Page e Sergey Brin sono decisi a evitare il destino di Microsoft che non è riuscita a usare i profitti del suo monopolio nel software per costruirsi una posizione dominante in altri importanti mercati tecnologici ed è rimasta indietro nella grande corsa al mobile”.
Per il New York Times: “La mossa di Google è la più significativa manovra varata da un colosso della Silicon Valley per mettere ordine nei suoi business tentacolari”.
Non tutti, però, sono convinti che si tratta solo di scelte di razionalizzazione aziendale. Infatti, molti credono che dietro questa mossa sia dettata dalla voglia di operare sul mercato finanziario in maniera più spregiudicata. Non dimentichiamo che Google, come altre multinazionali del web, è stata accusata di abuso di posizione dominante e di evasione fiscale. Vediamo nel dettaglio gli argomenti dei detrattori.
Vittorio Dini in un articolo pubblicato sul sito http://www.diariodivic.it ci spiega bene il meccanismo elusivo o di ottimizzazione fiscale (per essere buoni): “Col fatto che spesso queste società non hanno negozi o spazi fisici dedicati ai consumatori, simulano che le vendite online siano effettuate da sussidiarie estere, con sede legale in Paesi dalla fiscalità agevolata, come Olanda o Irlanda. Infatti il modello più noto è quello del “Double Irish with a Dutch Sandwitch”. I soldi vengono pagati alla controllata irlandese, che li gira a quella olandese. Questo perché, per la legislazione irlandese un’operazione del genere è tax free. Quindi per ora i ricavi non sono tassati. La controllata olandese, poi, non fa che fare l’inverso, cioè girarli nuovamente all’irlandese, sotto forma di passaggio di liquidi intra azienda, non di ricavi, e quindi non pagherà tasse. Dall’Irlanda, poi, verranno mandati a un’ultima controllata in un paradiso fiscale, in cui potranno rimanere”. Nel Vecchio Continente non rimane neanche un centesimo. Ma il tutto è a fin di bene. Le società che utilizzano questo meccanismo elusivo come Microsoft, Google, Apple, Amazon sono le più attive nel campo della filantropia.
Le soluzioni semplicistiche, però, in questi casi non servono. La politica e gli organismi internazionali devono fare i conti con il carattere transnazionale della rete. Le chiacchiere sulla privacy e sul diritto all’oblio lasciano il tempo che trovano davanti alla forza dei giganti del web.
Salvatore Recupero
Alphabet: il nuovo “user name” di Google Inc.
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