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La Venere di Cirene, Leptis Magna e i ritardi della storia

by La Redazione
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venere_2Roma, 12 ago – È di questi giorni la denuncia della scomparsa della cosiddetta “Venere di Cirene”, ritrovata nel 1913 durante gli scavi archeologici avviati in Libia, allora colonia italiana, custodita fino al 2008 nel nostro Museo Nazionale Romano e “regalata” a Gheddafi da Berlusconi in segno di una ritrovata amicizia tra le due nazioni.
Perché in questo marasma senza né capo né coda, e che ormai solo ironicamente chiamiamo “primavera araba libica”, la scaltrezza di improvvisati mercanti di antichità e di spietati integralisti, il confine è così mutevole e labile che spesso alla distruzione della sacrilega immagine si preferisce intascare il lauto compenso che proviene dallo smercio nel mercato clandestino delle opere d’ arte. Ma non è la sola notizia di questo genere circolata ultimamente. Pensiamo solo a Leptis Magna.
Situata a 130 km a sud est di Tripoli, Leptis Magna venne fondata con molta probabilità da coloni provenienti dalla città di Tiro. Offuscata dalla potenza navale e commerciale di Cartagine, Leptis Magna divenne una importantissima città sotto la dominazione romana durante la quale arrivò ad avere oltre 100 mila abitanti. Città natale dell’ imperatore Settimio Severo, raggiunse il massimo splendore nel IX secolo a.U.c quando le fu concesso lo status di colonia romana. Quando l’impero romano non fu più in grado di difendere i propri confini, Leptis magna venne conquistata dai Vandali di Genserico e, privata delle sua mura protettive, venne saccheggiata dai berberi.
Sotto l’imperatore Teodosio, in epoca bizantina, ebbe un’effimera ripresa, ma la sua stella era destinata a spegnersi.
A metà del XIV secolo a.U.c (VII secolo d.c.) Leptis Magna cadde definitivamente in mani arabe e nello stesso periodo, su quello che per secoli era stato il “mare nostrum”, per la prima volta nella storia, si affacciava il mondo arabo e l’Islam.
Eppure non si ricordano scempi simili compiuti ai danni di monumenti come quelli cui assistiamo ai nostri tempi e che si corre il rischio coinvolgano anche le vestigia di Leptis Magna in vista dell’avvicinarsi dell’Isis all’antica città. Anzi. La preservazione non solo delle bellezze architettoniche e dei ricchi corredi museali, e non ultimo, della trasmissione e trascrizione di molti dei testi greci e romani altrimenti condannati al rogo dal cristianesimo, fanno dell’Islam tutt’ altro che il mondo del bieco integralismo di tipo religioso.
Il cosiddetto Stato islamico appare più come una forma di cancro che si è sviluppato per reazione ad agenti patogeni introdotti dalla politica “colonial-capitalista” dell’Occidente post-bellico, che come una evoluzione integrale dell’interpretazione delle scritture del Profeta.
Certo le immagini trasmesse sui media delle martellate date al patrimonio storico, artistico ed architettonico delle civiltà del passato creano un senso di ribrezzo lungo tutta la spina dorsale. Ma davvero questo è il nuovo volto dell’Islam? Ma davvero la Storia che oggi si racconta ha dimenticato altri scempi forse peggiori avvenuti in casa nostra? E allora che ne dite se facciamo un ripassino?
La messa al bando dei culti e dei luoghi legati al “paganesimo”, la terribile iconoclastia con i quali con violenta reazione si vollero distruggere a martellate le immagini degli Dei , l’incuria degli antichi luoghi sacri lasciati a zona di pascolo, la trasformazione di templi in chiese, la spoliazione sistematica degli edifici di culto, sono solo brevissimi esempi di questa barbarie di marca monoteista “made in Chiesa”. Per non parlare delle immagini degli Dei strappate dalle pareti, Are rimosse e gettate sotto terra, i fori romani trasformati in cave di marmo fino ad arrivare alla celebre fusione delle statue bronzee del Pantheon da parte di papa Urbano VIII Barberini, atto che fece indignare persino i cristianissimi romani coevi dell’ allora pontefice tanto da far coniare la storica frase “quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini”.
Era il 1625! Fine Rinascimento. Insomma rispetto a noi, e ad esclusione della Boldrini, iconoclasta dei nostri tempi, l’Isis è solo in ritardo di 390 anni.
Marzio Fonte

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Claudio 13 Agosto 2015 - 1:10

Quindi visto che in passato sono state fatte le stesse porcate oggi dobbiamo accettarle anche noi da parte di questi subumani?

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