Roma, 27 gen – “È divisivo solo se sei Fascista“. Lo hanno ripetuto tante volte le sigle antifasciste per “proteggere” le loro date sacre come il 25 aprile. Eppure quest’anno la divisione è arrivata su una data tabù, quella del Giorno della Memoria, ed è frutto di un’irrisolta tensione tutta interna alla sinistra: Palestina o Stato Ebraico? E se le vittime di ieri fossero i genocidari di oggi? Come definiamo il massacro nella striscia di Gaza?
Il giorno della memoria va in frantumi
“Se Israele avesse bombardato i treni per Auschwitz vi sareste schierati con Hitler. Ipocrisia e antisemitismo sono le vostre bandiere“: questo il messaggio proiettato nella notte sulla Piramide Cestia e altri edifici di Roma in occasione del Giorno della Memoria. Un messaggio esplicito, diretto a Ong e associazioni accusate di essere prevenute nei confronti dello Stato Ebraico. E i cui nomi appaiono storpiati sotto il logo originale. Così Amnesty diventa ‘Amnesy’ e Emergency ‘Hypocrisy’: nel mirino sono finiti anche l’Anpi, Medici senza Frontiere e la Croce Rossa Internazionale. Un’offensiva delle Comunità Ebraiche che già da settimane diffondono un imperativo tutt’altro che amichevole: disertare gli eventi sulla Shoah organizzati dalla sigla dei “partigiani”. Ma i fronti si spezzettano anche al loro interno. “L’anatema scagliato dai portavoce delle comunità ebraiche contro l’Anpi nel Giorno della Memoria è un controsenso della storia, non rappresenta i valori dell’ebraismo italiano né la memoria dei partigiani ebrei caduti per la Liberazione del nostro Paese“, ha scritto in un post il giornalista Gad Lerner, ricevendo di tutta risposta insulti contro di lui a e contro l’associazione degli ex-partigiani. Il tutto è partito – per così dire, sono mesi che volano stracci – dalla decisione della Comunità Ebraica di Milano di non prendere parte all’evento del 27 gennaio perché non “possiamo avere a che fare con l’Anpi”. Oltre a Meghnagi – Presidente della Comunità Ebraica di Milano – anche Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica aveva annunciato di non partecipare agli eventi dedicati al Giorno della Memoria per “l’odio antiebraico che c’è in alcune istituzioni e nella società italiana“.
Frattura profonda
La frattura sembra tutt’altro che riparabile con una linea “moderata” come auspicato da Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. La verità è che il massacro del popolo palestinese a Gaza “scotta“, e non poco. Così come scottano quasi due anni di mobilitazioni antifasciste per la Palestina. Scotta l’ipocrisia tutta interna alla galassia antifascista sulla questione araba. E in fin dei conti, quando si arriva al momento di evocare il Cancelliere Tedesco vuol dire che qualcuno ha scelto chi è il suo “male assoluto“. Un po’ come quando nell’ottobre del 2015 Benyamin Netanyahu in un discorso al Congresso mondiale sionista spostò l’ago del male addossando la responsabilità della Shoah ai palestinesi. “Antisemitismo” sta diventando simile alla parola Fascismo: la si trova un po’ ovunque, ma nessuno capisce più di che si tratta, vola tra le accuse come uno schiaffo morale. Allora David Parenzo diventa “fascista” per i Collettivi universitari. Quindi l’Anpi diventa “antisemita” per le comunità ebraiche. Uno scontro che promette di darci molte soddisfazioni: chi avrebbe mai pensato di vedere i moralizzatori che si de-moralizzano a vicenda?
Sergio Filacchioni