Milano, 1 apr – No, purtroppo non è un pesce d’aprile. In occasione dell’Art Week di Milano, la giunta cittadina ha pensato bene di lasciar impacchettare i bastioni di Porta Venezia dal giovane “artista” ghanese Ibrahim Mahama in collaborazione con la Fondazione Trussardi.
Lo sfregio ai bastioni di Porta Venezia
Sacchi di caffé e cacao hanno così ricoperto i due caselli daziari di Porta Venezia, uno degli ingressi più eleganti e storici di Milano. L’opera, se così dobbiamo definirla, altro non è che una versione terzomondista della già esaurita wrapping art del più noto Christo. Banale ormai anche nel voler essere innovativo.
Dove un tempo sorgevano le porte di epoca romana e successivamente medievale, il giovane africano ha collocato dei giganteschi e tetri involucri di juta cuciti a patchwork. L’installazione durerà fino al 14 aprile, due settimane in cui la storia dell’architettura italiana verrà arrogantemente sostituita e celata da un gioco di pseudo arte contemporanea. Gioco, per altro, di cattivo gusto, che comprometterà l’estetica della zona agli occhi di tutto il mondo. L’idea vorrebbe essere quella di avvolgere i simboli del vecchio confine milanese tra la città e campagna, ma l’installazione già dalle prime ore non ha convinto per niente i passanti e i Milanesi, suscitando pesanti critiche.
Ibrahim Mahama sostiene che avrebbe voluto portare un po’ del suo paese nel nostro (un po’ di caffè sarebbe stato sufficiente), la juta è infatti oggetto di scambio ricorrente nei mercati africani. Detto questo, una galleria sarebbe forse stata più idonea a contenere tale sperimentazione, senza bisogno di dover imporre un’estetica opinabile e compromettere la visibilità di componenti tradizionali della città quali i bastioni di Porta Venezia.
Un’installazione che non piace ai milanesi
Il titolo dato all’installazione è “A friend”, ma i milanesi sembrano non volerne sapere di questo tipo d’amicizia. La città conosce un altro tipo di arte, estetica e storia. Il nome della Porta, prima del 1859, non era Venezia, bensì Orientale. Nel 1859 si volle onorare la città veneta ancora sotto il dominio austriaco ed entrata a far parte del Regno d’Italia nel 1866. Anche la fortificazione, di conseguenza, si chiamava prima del 1859 “Bastioni di Porta Orientale”. Quello che forse non tutti sanno, è che il nome originale, assegnato all’epoca della costruzione spagnola nel XVI secolo, era Bastione di San Dionigi.
Alberto Tosi