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“Beautiful You”: liberazione sessuale e nuova schiavitù secondo Palahniuk

by Adriano Scianca
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beautiful youRoma, 18 ott – «Siamo una generazione di uomini cresciuti dalle donne. Siamo sicuri che un’altra donna sia la soluzione che cerchiamo?». Se lo chiedeva un tumefatto Brad Pitt in una lurida vasca da bagno. Era la fine degli anni ’90 e Fight Club, il film di David Fincher tratto dall’omonimo romanzo dell’allora quasi sconosciuto Chuck Palahniuk, rappresentava l’ultimo sussulto del maschio occidentale.

Una quindicina d’anni dopo, la risposta a quella domanda non è ancora arrivata, ma la novità è che non serve neanche più. La parabola da Fight Club a Beautiful You, il nuovo romanzo di Palahniuk tradotto in italiano (Mondadori, pp. 252, € 20,00), è proprio questa: ormai sono direttamente le donne che hanno cominciato a fare a meno degli uomini.chuck-palahniuk-beautiful-you

La trama ricorda vagamente la saga di Cinquanta sfumature, solo che stavolta dietro la macchina da scrivere non c’è una casalinga annoiata che arrossisce parlando di manette ma un vero e proprio guastatore della cultura. La nostra Anastasia Steele si chiama Penny Harrigan: anche lei è una donnetta anonima, dall’aspetto scialbo e i desideri opachi. Tutto cambia dopo l’incontro col Mr Grey della situazione, che in questo caso è il bel Cornelius Linus Maxwell.

Come può questo ricchissimo dongiovanni accorgersi dell’invisibile impiegata? Può. Non solo: Maxwell la invita a cena nel ristorante più alla moda di New York e poi nella suite di un albergo da miliardari a Parigi. Lì, però, non inizia un raffinato gioco psicologico: semplicemente ci danno dentro come animali.

Insomma, la favola di Cenerentola senza i tagli della censura. E invece no, perché la storia inizia proprio lì: cosa hanno fatto Maxwell e Penny? No, non è solo sesso. È stato un esperimento. Meglio: un collaudo. La timida segretaria ha fatto da cavia per “Beautiful You”, una linea di sex toys per signore che Maxwell sta per lanciare sul mercato globale.

BEAUTIFUL-YOUIl test, comunque, va a buon fine. Pure troppo. Tant’è che il prodotto, una volta immesso sul mercato, spopola. Le donne ne vanno pazze. Letteralmente. Non si curano di mariti, figli, padri, non escono più di casa, non mangiano più. Degli uomini, semplicemente, non hanno più bisogno, convinti che il pezzo di plastica divenuto ormai oggetto inseparabile sia più uomo del più virile degli stalloni.

È il sogno del femminismo radicale, ma visto con gli occhi apocalittici di Palahniuk. Tant’è che la scoperta della propria sessualità, del piacere, dell’orgasmo non coincide qui con alcuna liberazione, ma con una schiavitù nuova. Schiavitù, peraltro, di schietta marca consumistica, perché contrariamente a quanto pensavano le teoriche estremiste degli anni ’70 (ma qualcuna si sta rifacendo viva sfruttando il revival dell’ideologia gender) la liberazione dal patriarcato e quella dal capitalismo non sono tutt’uno. Il mercato è molto più furbo di qualsiasi collettivo femminista.

È poi particolarmente perfido il dato, non secondario, che questa gigantesca ondata di rifiuto dell’uomo da parte delle donne sia orchestrata da un uomo. Il cattivone Palahniuk (dichiaratamente gay, peraltro, e forse è un dettaglio che conta) fa quindi vincere le donne, ma mostra anche la loro sconfitta al culmine della loro vittoria. E forse Maxwell non è altro che l’ennesimo travestimento di Tyler Durden.

Adriano Scianca

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