Roma, 18 set – Sembra quasi impossibile che tra i gorghi annichilenti della nostra epoca possa sopravvivere un qualcosa come la Mensur, pensare che nel cuore segreto della Germania e dell’Europa possa perpetuarsi una sfida così perfetta ai dettami dell’oggi. Ancora più stupefacente poterne avere un assaggio, vederne fissate le immagini e i volti, poterne respirare l’aria, sentire le parole di chi ancora la pratica. Questo piccolo miracolo si chiama Bloodline, il nuovo libro fotografico di Alberto Palladino, pubblicato in collaborazione con Borderline visual.
“Bloodline”: un viaggio nella Germania segreta
I più distratti, sfogliandolo, potrebbero ingannarsi e dare per scontato che si tratti di una sorta di reportage storico, che quelle impresse su carta siano foto d’archivio, che il tutto insomma provenga da un’altra epoca, da un’epoca vecchia di uno o due secoli. Al contrario, è più che mai presente. L’azione si svolge vicino a noi. Anzi, a ben guardare, i mascheroni che coprono gli occhi e il naso dei duellanti potrebbero appartenere a un qualche futuro alternativo, a un esploratore dello spazio in salsa steampunk.
Ma cos’è questo arcano chiamato Mensur? La Mensur – o, anche, duello accademico – è la peculiare tipologia di duello in uso fra le confraternite universitarie tedesche e di altre nazioni dell’Europa centrale. Deriva dal latino mensura, ovvero misura, come la misura di distanza che i duellanti prendono all’inizio della sfida e mantengono per il resto del combattimento. I due duellanti rimangono una davanti all’altro, portando i colpi con il braccio sopra la testa, badando a mantenere la propria compostezza e non fuggire i fendenti altrui. Non un prova di abilità tecnica, ma di coraggio. Come racconta uno dei diretti interessati: “Dimostrare il proprio valore durante la Mensur non significa solamente essere in grado di farla, ma in che modo si riesce a mantenere la propria posizione, quindi con fermezza e coraggio; non mostrare mai la propria paura o esitazione, senza tirarsi indietro o muoversi mentre si viene colpiti; riuscire ad avere la mente lucida, essere saldi e sapersi comportare anche dopo che la Mensur è finita”. Lo scopo della Mensur non è quindi la vittoria sull’avversario, ma la capacità di darsi una forma, dominarsi e dominare con animo sereno il turbinio degli eventi, anche se si tratta di acciaio che lacera la carne, perché come scrive Geibel nella sua Brunhild: “Se qualcosa v’è, di più potente del destino, è il coraggio che lo sopporta incrollabilmente”, perfetta espressione di quello che per Gunther è la religiosità indoeuropea. Chissà se Marinetti vedendo il vorticare delle spade avrebbe trovato nella Mensur l’esempio tangibile di quelle “scuole di coraggio e di pericolo” di cui invocava l’istituzione nei suoi Taccuini.
La Mensur tra senso del sacro e sfida alla modernità
C’è sicuramente qualcosa di sacrale nella Mensur: il divino che emerge attraverso il sangue e la violenza, ma entro i limiti ben codificati del rito. Così i volti solcati dalle ferite, le famigerate schmisse, i duellanti stretti l’un l’altro come a eternare l’archetipo dei gemelli, la loro compostezza ieratica, e ancora il sangue, l’acciaio, i colori esibiti del clan, donano al tutto un aspetto sovrumano, per certi versi arcaico. Non è un caso che Palladino per spiegare la Mensur debba partire dai poemi omerici, dall’Iliade, dalle fonti primigenie dello spirito europeo. Vi è, però, anche un altro dato, quello della comunità, dei boccali di birra vuotati in allegria, la spensieratezza un po’ guascona dello stare insieme, l’orgoglio per la propria identità e il piacere intenso per la sfida.
Com’è facile intuire i valori e la parole chiave della Mensur sono spesso veri e propri tabù per la società attuale. Sacro, violenza, identità, coraggio, comunità, forma, fierezza sono tutti termini banditi. Così uno dei duellanti intervistati spiega l’orrore che questa pratica suscita nei benpensanti: “Per loro [antifascisti e sinistrati vari] la Mensur è un rituale arcaico, grezzo, sanguinario, un importante tassello di quella Weltanshauung che vogliono in tutti i modi distruggere e cancellare”. E ancora, “Per questo tipo di gente il non conformismo, l’elitarismo, il ruolo della Mensur nella promozione di una visione organica, tradizionale ed eterna, rappresenta il loro peggior nemico”. Prova inequivocabile dell’inattualità della Mensur e proprio per questo della sua eterna bellezza.
Michele Iozzino