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Caro Università: i numeri di una crisi sociale che chiama rivolta

by Sergio Filacchioni
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Università

Roma, 21 nov – L’Università è sempre più un lusso? In Italia, sì. L’andamento di tasse universitarie e affitti per studenti, paragonati ovviamente ai salari medi, mostra un incremento delle difficoltà economiche negli ultimi dieci anni, specialmente se confrontato con altri Paesi europei. Una crisi sociale tutta italiana su cui nessun attore politico mostra interesse.

L’Università, un lusso sempre più caro

Negli ultimi anni, il costo medio degli affitti nelle principali città universitarie italiane è aumentato drasticamente. A Milano, ad esempio, si parla di oltre 23 euro al metro quadro, mentre a Roma si registra un aumento del 7,4%, con un costo medio di 16,9 euro/mq. Al Sud, le città hanno registrato aumenti ancora più significativi, fino al 23,9% in città come Catanzaro. Milano è sicuramente la prima in Italia per il costo degli affitti, ma se parametrato allo stipendio risulta tra i primi posti anche in Europa. Nella grafica rappresentata da Will, su dati forniti da Numbeo, è stato utilizzato il peso in percentuale dell’affitto di un monolocale di 38 mq fuori dal centro rispetto allo stipendio percepito dai residenti per stabilire la graduatoria delle città.

L’Italia primeggia anche in un’altra classifica, tutt’altro che d’eccellenza: quella delle tasse universitarie più alte d’Europa. L’Italia infatti si colloca tra i paesi con la tassazione universitaria più alta, insieme a Paesi Bassi e Spagna, ma con sistemi di diritto allo studio meno efficaci. Inoltre, esiste anche un notevole gap “interno”: gli atenei del Nord Italia costano tre volte e mezzo di più rispetto a quelle del Sud. Negli ultimi dieci anni, le tasse universitarie sono aumentate del 60%, con una media annuale che si aggira tra 900 e 1.500 euro per gli atenei pubblici, rendendo l’Italia il terzo Paese più caro d’Europa per costi universitari. A differenza di Paesi come Germania o quelli Scandinavi – dove le università sono completamente gratuite o è richiesto solo un contributo, l’Italia offre borse di studio solo al 9-10% degli studenti, contro il 40% in Francia e il 30% in Spagna. In Germania non ci sono tasse universitarie, ma solo contributi semestrali tra 100 e 350 euro, trasporti pubblici inclusi; in Francia le tasse vanno da 170 per una laurea triennale a 380 euro per un dottorato; in Spagna, i costi variano molto, con una triennale che può costare tra 150 e 3.500 euro all’anno e un master tra 300 e 3.500 euro, a seconda dei crediti; in Svezia, Danimarca e Finlandia, laurea e master sono gratuiti. Voce a parte quella del Regno Unito: le tasse possono arrivare fino a 9.250 sterline in Inghilterra, mentre in Scozia gli studi universitari sono gratuiti per gli studenti locali. Discorso a parte merita il trattamento rispetto ai cittadinanza europea: in Paesi come Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia gli studi universitari sono gratuiti solo per gli europei. Il paradiso degli studenti rimane però la Germania e la Norvegia, dove non sono previste tasse sia per gli studenti europei sia per quelli non europei, solo piccoli contributi semestrali per trasporti, assistenza sanitaria e attività culturale.

Gli stipendi medi

Nonostante l’aumento dei costi per l’istruzione, lo stipendio medio italiano non è cresciuto proporzionalmente, rendendo più difficile per le famiglie sostenere le spese universitarie dei figli, che siano le tasse o l’affitto di un appartamento. Come possiamo vedere nel grafico che abbiamo creato con ChatGPT, le tasse universitarie sono aumentate costantemente, superando la media europea che resta relativamente stabile; il costo degli affitti mostrano una crescita significativa, con aumenti più marcati negli ultimi anni su città come Roma, Milano, Bologna, Napoli e Torino; lo stipendio medio invece è cresciuto solo marginalmente, non tenendo il passo con i costi di affitto e istruzione.

Le proteste studentesche e il nulla di fatto

Le proteste degli studenti, a conti fatti, erano legittime e reali, ma sono rimaste sostanzialmente inascoltate. Le tende fuori dagli atenei per sensibilizzare le istituzioni sono servite a poco se non a rendere gli studenti bersagli del perbenismo e il paternalismo nostrano. A ottobre 2024 tutte le tipologie abitative segnano aumenti dei canoni d’affitto, compreso il costo medio di una singola stanza. Evidentemente però il problema non è stato percepito nella sua totalità ma solo come “capriccio” di una certa parte politica rispetto al nuovo Governo. Gli studenti non sono riusciti a creare una vera faglia generazionale su una crisi sociale come questa, che invece meritava proposte audaci né di destra né di sinistra: partendo da una critica spietata del sistema educativo che non supporta studenti e famiglie, ad una seria battaglia sulle politiche abitative per la promozione di alloggi popolari e controllo degli affitti, per arrivare a delle rivendicazioni riguardo una vera e propria “preferenza nazionale” (magari Europea) su borse di studio, tasse, alloggi, libri di testo ecc… Perchè non mettere anche in Italia l’Università Pubblica Gratuita per tutti i cittadini europei? L’Italia in effetti si colloca già tra i Paesi con tassazione IRPEF più alta per i redditi medi: offriamo però meno servizi pubblici! Nel 2016, secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, i contributi versati dagli universitari sono stati più di un quarto di quanto versi lo Stato agli atenei. Per i soli corsi che si concludono col titolo di laurea, gli studenti hanno sborsato 1,762 miliardi di euro di tasse. Dove finiscono tutte le imposte sul Reddito? Sulle pensioni (circa il 40% della spesa pubblica) e, ovviamente, sul debito pubblico (circa il 7-8%) tra i più alti in Europa.

La necessità di una battaglia

Come possiamo dedurre la battaglia non è così semplice, calcolando anche il grosso problema legato al calo demografico e il conseguente aumento del numero di pensionati. Investire sull’istruzione come priorità nazionale potrebbe essere sicuramente una rivendicazione fondamentale: una quota maggiore delle imposte sul reddito deve essere destinata a finanziare direttamente scuole, università, borse di studio e alloggi per studenti, riducendo così i costi per le famiglie. Investire nell’istruzione non è “solo una spesa”, ma un investimento diretto sul futuro della Nazione e anche il bilancio deve piegarsi a questa priorità, riducendo spesa improduttiva e incrementando i fondi per scuola e università. Un’altra priorità evidentemente è quella di ridurre il carico fiscale sulla classe media e i redditi più bassi, o almeno l’eliminazione dei contributi scolastici volontari, la gratuità dei libri di testo e una riforma del sistema delle detrazioni che renda le spese per l’istruzione completamente deducibili. Infine, una nuova stagione d’interventismo massiccio per creare infrastrutture scolastiche moderne, digitalizzare la didattica e garantire alloggi dignitosi e accessibili per tutti gli studenti universitari. Diritto allo studio e giustizia sociale possono marciare uniti.

Sergio Filacchioni

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