Roma, 15 mar – Alle Idi di marzo del 44 a.C., nella Curia di Pompeo, Cesare fu assassinato dai congiurati guidati da Bruto e Cassio con 23 pugnalate. Finiva così, tragicamente, lasciando cospicuo materiale a poeti e letterati, la parabola terrena di Gaio Giulio Cesare, una delle figure più celebri della Roma antica. La morte del dittatore innescò una serie di eventi che sconquassarono la repubblica nei decenni avvenire: la lotta mortale tra cesaricidi e cesariani, l’ascesa politica di Ottaviano e la sua guerra civile con Marco Antonio, la consacrazione ad Augusto del figlio adottivo di Cesare.
La sua morte, in effetti, ha sempre diviso, sia gli antichi che i moderni. Tutto nasce dall’interpretazione che si dà della figura del Divo Giulio: «dittatore democratico» (come lo ha definito Luciano Canfora) o tiranno usurpatore? Salvatore della patria o affossatore della repubblica? Cicerone e tutta la fazione degli ottimati (l’ala cosiddetta «conservatrice» del senato) non avevano dubbi: Cesare era un tiranno e doveva essere eliminato. Ma a nome di chi parlavano se non di sé stessi, cioè della factio paucorum, della fazione oligarchica? Per quanto riguarda i moderni, è nota per esempio l’ammirazione di Dante per Cesare in quanto «primo prencipe sommo» (Convivio, IV 5,12), valutato quindi come il depositario del potere e della maestà imperiale. L’Alighieri, di converso, non esitò a condannare Bruto e Cassio inserendoli assieme a Giuda nella Giudecca, dove Lucifero in persona li straziava nelle fauci di una delle sue tre teste (Inferno, XXXIV 61-67).
Non è stato così invece durante la Rivoluzione francese che, mossa dai suoi ideali repubblicani e antimonarchici, rifiutava Cesare e portava sugli scudi il Bruto tirannicida. Sempre nello stesso periodo, però, l’interpretazione opposta si faceva largo nella mente e nello spirito di Napoleone Bonaparte, che così chiosò sulle Idi di marzo: «Immolando Cesare, Bruto ha obbedito a un pregiudizio educativo che aveva appreso nelle scuole greche. Lo assimilò a quegli oscuri tiranni delle città elleniche che, col favore di qualche intrigante, usurpavano il potere. Non volle vedere che l’autorità di Cesare era legittima perché necessaria e protettrice, perché era l’effetto dell’opinione e della volontà del popolo».
Le ultime parole del Bonaparte dovrebbero far riflettere: Cesare, com’è noto, godeva di un consenso indiscusso presso il popolo romano. Tanto che i cesaricidi dovettero fuggire da Roma per non essere linciati dalla folla inferocita. La stessa folla a cui Bruto, mostrando il pugnale insanguinato, aveva spiegato il suo gesto omicida giustificandolo in nome della «libertà». Libertà di chi, però, anzi libertà per chi? In effetti, l’azione rivoluzionaria di Cesare era andata di traverso agli ottimati perché aveva messo a nudo le loro debolezze, perché li aveva smascherati per quello che erano realmente: latifondisti ricchissimi, generali mediocri, politici arraffoni, usurai impenitenti (Cicerone confidò al suo amico Attico di essere rimasto sbigottito nell’apprendere che l’«integerrimo» Bruto praticava l’usura a tassi d’interesse esorbitanti a danno dei provinciali).
Il «populismo» di Cesare, al contrario, aveva saputo conquistare le genti: generale leggendario, soldato tra soldati (che non esitava a chiamare «commilitoni»), politico scaltro e lungimirante, patrono di artisti e letterati (commissionò a Varrone la costruzione della prima biblioteca pubblica a Roma), patrizio sempre vicino al popolo. Le Idi di marzo, insomma, ci restituiscono perfettamente il dramma che va in scena nel teatro della storia dalla notte dei tempi: la lotta tra un’oligarchia arrogante e morente, e l’«uomo forte» che sa farsi interprete del popolo. Forse è proprio per questo che quei terribili eventi, malgrado l’enorme distanza temporale che ci divide da loro, riescono ancora a parlarci.
Valerio Benedetti
Idi di marzo: quando il Cesare “populista” fu ucciso dai falsi “liberatori”
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5 comments
Ottimo articolo. Questa è la cultura che dovrebbe essere insegnata ed amata.
Grazie.
Bellissimo articolo! Ave all’ immortale Cesare!
Non è stato uno degli uomini più importanti della storia, ma il più importante. Il primo avatar. Il secondo è stato Federico II di Svevia. Il terzo non ve lo dico. Il quarto è in arrivo.
Martino,
guarda che il terzo lo abbiamo capito tutti chi è ! Un saluto
E che dovrei dire io di questa bellissima, brevissima e concisa analisi storica su uno di cui immeritatamente porto il nome???!!! Un semplicissimo grazie!!