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Da Milano a Venaria, cronache quotidiane della paranoia antifascista

by Emmanuel Raffaele
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172905107-657a5a64-71c0-47ca-97cf-e6f3bf84e36aMilano, 3 nov – Una scritta multicolore di dieci metri, esteticamente orribile, ha imbrattato la nuova Darsena di Milano, in pieno centro: “Fuori i fascisti dalle città“. A quanto pare, fatto questo, la lotta per il popolo italiano può esser considerata archiviata. Fuori i fascisti, fuori chi crede nella nazione, dentro i migranti, questo, in breve, sembra essere il piano. Ma, a parte l’infantilismo, il pessimo gusto artistico della scritta e l’irrispettosa scelta del luogo, la questione si fa seria se nel frattempo, a Venaria, comune che fa parte dell’area metropolitana di Torino, l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani chiama le guardie per denunciare un cinquantasettenne che depone, presso il cimitero monumentale, un mazzo di rose rosse ed un tricolore dedicati “Ai martiri venariesi della Rsi”.

venaria-cimit-fiori-x-caduti-rep-soc-salo7_resized-kjih-u10901466136267hz-1024x576lastampa-itUn gesto che fa seguito alla richiesta effettuata un mese fa di poter porre una lapide “a perenne ricordo dei combattenti venariesi della Repubblica Sociale Italiana, fucilati nel 1945 durante la Guerra Civile”. Una richiesta che Gaetano Cuttaia si è visto rifiutare dal sindaco Roberto Falcone, del Movimento Cinque Stelle con la seguente motivazione: “Non mi pare che alcun presidente della Repubblica italiana abbia dedicato una festa nazionale al fascismo o a chi ha perso la vita per difendere quegli ideali”.

Altro che storia condivisa e unità nazionale, ancora nel 2016, secondo sinistra e grillini, il fascista buono è quello morto e se è morto, anche se è stato giustiziato, meglio non tributargli alcun omaggio, sarebbe fuori luogo. Un dictat al quale Cuttaia, che aveva già invitato il sindaco a “deporre le armi dell’odio e lasciare per sempre alle spalle un’epoca piena di dolore e sangue”, si è ribellato omaggiando i caduti a modo suo e scrivendo i loro nomi nero su bianco: Alberto Giardini, Teresio Girotto, Rina Grosso, Giovanni Lapier, Luigi Marietta, Alessandro Mezzano e Riccardo Selvarolo. Per tutta risposta, l’Anpi ha chiamato i vigili urbani, che a loro volta hanno avuto il triste incarico di sequestare le rose rosse, i fogli con i nomi. “Esporre i simboli della Rsi è apologia di reato“, ha osservato Fabio Scibetta. “I militari della Rsi sono morti per la loro causa, che non era quella condivisa dalla maggior parte della gente, nemmeno dopo la guerra. I valori di chi ha sacrificato la propria vita per la Resistenza devono essere salvaguardati e trasmessi“, ha invece commentato il sindaco grillino. Con buona pace del movimento che avrebbe dovuto gettarsi alle spalle le ideologie.

Emmanuel Raffaele

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Filippo Tommaso 4 Novembre 2016 - 4:13

Sono sicuro che le “risorse” a Milano non mancano.
Che ne impieghino qualcuna per riverniciare il muro, almeno si “guadagnano” i 35 euro al giorno…

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