Roma, 20 feb – Quando si parla di Nato e Difesa uno dei temi centrali è diventato quello del rapporto tra spese militari e PIL: il 2 % di su cui ha insistito anche Trump nei giorni scorsi. Sulla carta una valutazione semplice e immediata che però nasconde la solita variabile da capitalismo terminale: quello che conta in questo tipo di valutazione è quanto spendi, non come lo spendi. Ma quando si parla di Difesa (e non solo) bisognerebbe partire proprio dai risultati, ovvero da come spendi, non quanto hai speso. Altrimenti si finisce per considerare la spesa fine a sé stessa. E attrezzature che magari si riveleranno inutilizzabili diventano comunque “asset strategici” per quanto budget hanno contribuito a far spendere. È questa la cautionary tale, la storiella ammonitrice, che arriva dall’Australia in merito agli elicotteri multiruolo NH-90 appena tolti dal servizio a pochi anni dall’introduzione.
Storia degli NH-90
Gli NH-90 erano entrati in servizio in Australia a partire dal 2007, e sarebbero dovuti rimanere in servizio fino al 2037. Costi di servizio, di manutenzione e problemi tecnici hanno fatto sì che gli oltre 40 esemplari australiani venissero tolti dal servizio alla fine del 2023, rifiutandone persino la cessione all’Ucraina in quando gli esemplari erano stati classificati dall’Australia come non utilizzabili per un impiego operativo. Il costo complessivo del programma NH-90 australiano (la componenistica degli NH-90 era prodotta in Europa e assemblata in Australia) era lievitato nel 2014, secondo un audit della difesa, a 60 milioni di dollari per esemplare, l’equivalente di 4 UH-60M Black Hawk nuovi di fabbrica.
Il paragone con lo statunitense Sikorsky S-70 Black Hawk non è casuale: in Australia tra gli elicotteri che gli NH-90 dovevano rimpiazzare c’erano proprio gli S-70. E proprio per alcuni ritardi con la messa in linea degli NH-90 prima l’impiego degli S-70 australiani era stato prorogato dal 2011 al 2021, con i conseguenti costi di manutenzione e ammodernamento. E, una volta confermata la dismissione degli NH-90, questi saranno rimpiazzati proprio da una delle ultime versioni del Black Hawk, la UH-60M.
La triste fine
Oltre ai costi per le forze armate australiane la vicenda degli NH-90 nella terra dei canguri rappresenta una sconfitta per l’industria della difesa europea l’elicottero è infatti realizzato da un consorzio europeo fatto da Eurocopter (Airbus), AugustaWestland (Leonardo) e Fokker. Un progetto NATO europeo estremamente ambizioso e sulla carta rappresenterebbe un biglietto da visita di prim’ordine per l’industria europea: il primo elicottero con comandi interamente fly-by-wire e primo elicottero a fare largo uso di materiali compositi
Dopo aver effettuato il primo volo nel 1995 ha iniziato ad entrare in servizio nel 2006 in diverse varianti che vanno a coprire qualunque tipologia di operazione terrestre o navale. Dalla lotta antisommergibile, alla ricerca e soccorso, al trasporto fino alle operazioni speciali. L’idea era quella di aver un unico mezzo estremamente standardizzato sia per un discorso operativo, sia per contenere i costi, peccato che alla fine non sia andata proprio così.
Come ogni progetto internazionale con più nazioni coinvolte e soprattutto destinato a coprire diversi ruoli e nicchie operative (per quanto nei paletti degli standard Nato) ha avuto i suoi ritardi e i suoi problemi di messa a punto. Dal pavimento della cabina non abbastanza robusto nel caso dell’impiego come trasporto truppe, a problemi di corrosione per le versione imbarcata, ad alcuni problemi di usura prematura ai turboalberi Rolls-Royce Turbomeca RTM322 (una delle due motorizzazioni disponibili). Fino alle antenne sotto la fusoliera che potevano essere facilmente danneggiate dall’atterraggio su campi non preparati (uno dei problemi lamentati dagli australiani).
Danni collaterali
A complicare il tutto il fatto che a differenza delle famiglie di elicotteri più comuni l’NH-90 per quanto standardizzato è di fatto una specie a sé stante, con quello che concerne costi e disponibilità di ricambi. Nonostante queste difficoltà ad oggi ne sono in servizio oltre 500 unità in 12 nazioni. Senza considerare Australia e Norvegia, la prima a dismetterli nel 2022. Una dismissione non senza polemiche visto che la Norvegia ha richiesto anche un rimborso di 474 milioni di dollari, come se il pacchetto di elicotteri fosse un semplice reso di un acquisto online! Più d’uno i motivi che hanno spinto la Norvegia a rinunciare ai 14 NH-90: il costo per ora volo, stimato anche in più del doppio (se non il triplo) rispetto agli elicotteri che è andato a rimpiazzare e i limiti riguardo alla manutenzione dei mezzi, intesa come costi e disponibilità dei ricambi e tempistiche della stessa. Il rischio per la Norvegia, visto anche il numero limitato di NH-90 tra marina e guardia costiera, sarebbe stata la mancata disponibilità di mezzi per gli impieghi demandati all’elicottero. Ovvero trovarsi senza elicotteri disponibili per i compiti Antisom o di Ricerca e soccorso.
A queste problematiche nel caso australiano si sono aggiunti i già citati limiti d’impiego per quanto riguarda l’utilizzo tattico nell’esercito per missione d’infiltrazione. E a complicare il tutto per gli NH-90 australiani, dopo un primo fermo tecnico per un problema ai motori nel 2010, un incidente nel marzo 2023, senza conseguenze per l’equipaggio, e probabilmente legato a un mancato aggiornamento software!
E uno nel luglio successivo, stavolta con 4 vittime, che ha portato ad una seconda messa a terra degli elicotteri e ha reso la dismissione degli NH-90 già operativa da fine anno. È iniziato così lo smantellamento degli elicotteri, salvo della componentisca che poteva essere usata come ricambi, e non è stata nemmeno presa in cosiderazione la possibilità di una cessione a terzi, respingendo così anche la richiesta dell’Ucraina.
Certamente gli alti costi per ora di volo, la dismissione degli NH-90 da parte di Norvegia e Australia e il fatto che anche Belgio e Svezia ne stiano valutando il ritiro dal servizio rende il mezzo poco appetibile sul mercato rispetto alla concorrenza. E così gli NH-90 australiani costati in nemmeno quindici anni di servizio l’equivalente di un decimo del budget annuale 2022/2023 della difesa australiana finiranno seppelliti in qualche località segreta dell’Australia: la struttura in materiale composito non è riciclabile e se lasciata lungo tempo all’aperto alla furia degli elementi potrebbe iniziare a decadere, rilasciando pulviscolo tossico.
Flavio Bartolucci