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Evola, Putin e le celebrazioni del 9 maggio: una messa a punto

by Sandro Consolato
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Roma, 10 mag – In relazione al 9 maggio, alla celebrazione degli 80 anni della vittoria sovietica, Putin ha ulteriormente incrementato la rivalorizzazione della figura di Stalin, soprattutto in funzione antiucraina, giacché nella sua propaganda la guerra alla nazione vicina già parte dell’URSS è ideologicamente presentata come volta alla sua “denazificazione”.

Putin, il problema ideologico e propagandistico

Ora, il diritto e l’orgoglio di celebrare la vittoria contro la Germania di Hitler sarebbe assurdo contestarli alla Russia di Putin, così come sarebbe assurdo che questa nuova Russia facesse finta di dimenticare che quella vittoria è da intestare a Stalin. Ma il problema è un altro. Ovvero quello della attuale costruzione ideologica, e propagandistica, che Putin cerca non solo di imporre a una Russia dalle rinnovate ambizioni imperialistiche, destando più che legittimi timori nei paesi dell’Europa centro-orientale, ma anche di usare per tirare dalla propria parte, da un lato le sinistre radicali europee più sensibili al vecchio mito dell’Armata Rossa “liberatrice”, e dall’altro quelle destre radicali per le quali, se già qualsiasi regime autocratico e antidemocratico rappresenterebbe un valore (vedi gli entusiasmi per la stessa Cina), a maggior ragione un tale regime sarebbe da appoggiare se fa valere richiami a simboli e concetti “tradizionali”: nel caso russo il mito della “Terza Roma”, il richiamo alla “Santa Russia” ortodossa, ma anche imperialmente ecumenica, comprensiva di tradizioni come l’islamica o la buddhista, e persino la sciamanica (tutte, peraltro, gravemente perseguitate negli anni del comunismo).

La figura di Julius Evola

In questa operazione, si è da tempo, da parte di un Alexander Dugin, coinvolta anche la figura di Julius Evola, di cui qui in Italia si è arrivati a dire che oggi “abita al Cremlino”. La realtà è che, attraverso Dugin, il Cremlino oggi compie verso parte della destra radicale europea un po’ la stessa operazione che Stalin compì verso il proprio popolo martoriato dal comunismo per convincerlo a stringersi attorno a lui quale difensore più della “Santa Russia” che della Unione Sovietica.

Ma proprio Evola evidenziò il carattere del tutto strumentale di questa “novità” staliniana. Nell’articolo “Bolscevismo e Quinto Stato” (ne “lo Stato”, settembre-ottobre 1942), scriveva: “[…] una serie di elementi, nelle varie fasi della vita di Stalin, sempre confermano, in lui, una natura che oscilla fra la primitività e la criminalità, portandosi talvolta perfino ai margini della paranoia, come quando egli va ad incentrare in sé, in una contraffazione materialistica e disanimata, il mito messianico dell’anima slava”. Poi, nell’articolo “Che si combatte, oggi, nella Russia sovietica?” (ne “La Vita Italiana” del settembre 1942), così aggiungeva riguardo alla svolta nazional-patriottica di Stalin: “Nella fase più recente si ha anzi un rivolgimento paradossale: vengono reintrodotti valori e concetti assolutamente ‘antirivoluzionari’, si riconosce il valore dell’elemento umano, si ammette la differenziazione dei salari, si torna quasi alla separazione delle classi, si parla perfino di patria russa e di tradizione – ma per uno scopo preciso, cioè per arruolare il potenziale morale insito in tutte queste idee al servigio del sogno di potenza e dell’imperialismo di Stalin. Per la primitiva mentalità del quale, le altre nazioni moralmente non esistono – tanto meno esiste, quindi, la possibilità di una collaborazione o di una intesa leale con esse. Esiste solo la Russia”.

Le critiche evoliane alla Germania: note per i sostenitori italiani di Putin

Ciò non toglie che nel dopoguerra Evola abbia onestamente e lucidamente evidenziato tutti gli errori che la Germania di Hitler commise nella sua politica e nella sua guerra nell’Europa dell’Est e in Russia. Ciò nelle sue “Note sul Terzo Reich”, aggiunte alla seconda edizione de “Il fascismo visto dalla Destra” (Volpe, Roma 1970).

E non è inutile riportare integralmente il lungo brano sul tema: “[…] quando il Reich estese il suo potere su aree non tedesche, l’idea suprematista si fece valere, si istituì un sistema di protettorati e di governatorati con discriminazioni che dovevano provocare reazioni e alimentare la resistenza, mentre si sarebbero dovute creare le premesse per la costituzione di una unità superiore lasciante largo margine all’indipendenza delle parti. Si sa che si riaffacciò, qua e là, l’albagia dell’Herrenvolk, espressione che correva il rischio di passare dal senso aristocratico di ‘popolo di signori’ a quello odioso di ‘popolo di padroni’, a beneficio di una ‘arianità’ fatta monopolio del solo elemento tedesco, tanto da non tenerla in nessun conto nel caso di ceppi da ritenersi attualmente non meno ‘arii’, ma non di rado considerati quasi come una sub-umanità. Di ciò fu il caso già dei Polacchi, la cui nazione aveva avuto un glorioso passato anche se sventurato […]. In più vanno accusati gli errori commessi dalla Germania nazista nella campagna di Russia e nei territori sovietici occupati. Essi non furono privi di relazione con la concezione dello ‘spazio vitale’ da assicurare al popolo tedesco nella misura in cui essa portò ad una specie di colonialismo intereuropeo. Se come parola d’ordine valeva la guerra contro il comunismo […] e la liberazione della Russia dal comunismo, vi era però anche l’idea dell’espansione nei territori occupati con un regime di semplice soggezione delle popolazioni, nei riguardi delle quali spesso si riaffermava la boria tedesca del popolo superiore. Così accadde che se a tutta prima i Tedeschi vincitori in diverse aree russe vennero accolti festosamente come dei liberatori, in seguito l’atteggiamento delle popolazioni doveva cambiare quando invece della sperata libertà commissari del partito nazionalsocialista, comandi, esponenti senza scrupoli dell’industria e del commercio del Reich presero il posto delle autorità sovietiche dando l’impressione che all’una oppressione ne era subentrata un’altra. Governi liberi costituiti a tutta prima da Russi in territori conquistati dalla Wehrmacht furono dissolti e anche patrioti anticomunisti furono arrestati. Lo stesso Andrej Vlassov, creatore del Movimento della Russia Libera, fu perseguitato e persino arrestato prima che gli fosse concesso di organizzare una armata ucraina antisovietica schierata a fianco di quelle tedesche. Tutto ciò fu assolutamente controproducente, portò all’indifferentismo e alla diffidenza delle popolazioni e alimentò il partigianesimo; offrì una preziosa base alla politica di Stalin il quale accantonando la originaria ideologia comunista bandì un nuovo nazionalismo russo e coniò la parola d’ordine del ‘patriottismo sovietico’, con ciò mobilitando forze morali importantissime, forse decisive per la guerra contro i Tedeschi. Tutto questo mostra ciò che di problematico avrebbe potuto pregiudicare il progetto di un ‘Ordine nuovo’. […] Quel che avrebbe pregiudicato ogni futuro sviluppo positivo sarebbe stato appunto tutto ciò che nel Terzo Reich corrispondeva alla componente hitleriana”.

Putin e la rivalutazione di Stalin

Questo brano, di cui non può non essere sottolineata la severità e l’importanza, certamente – ritornando a quanto dicevamo all’inizio – può oggi essere letto anche come una giustificazione “da destra” del diritto dei Russi di celebrare in senso patriottico la loro vittoria, figlia pure dello sforzo immane per non sottomettersi a una dominazione straniera, ma d’altro canto non può minimamente giustificare le simpatie e verso Stalin e verso la sua rivalutazione che si stanno manifestando soprattutto in Italia, ché anzi le critiche evoliane alla Germania di Hitler e alle sue politiche di “colonialismo intereuropeo” possono rivolgersi proprio al revanchismo della Russia di Putin.

Evola e i popoli dell’Est

In Evola è esplicita l’idea che i popoli europei dell’Est abbiano diritto a essere liberi, come dimostrano il suo citato riferimento ai Polacchi e, nell’articolo del febbraio 1940 “L’eterogenesi dei fini e gli avvenimenti mondiali” (su “Rassegna Italiana”), le sue simpatie per la Finlandia attaccata dai Russi e la sua ferma opposizione al patto Ribbentrop-Molotov e a certe simpatie “rossobrune” in quell’occasione manifestatesi anche in Italia (vedi ad es. l’articolo “Anacronismi filocomunistici”, in “Rassegna Italiana”, ottobre 1939). Insomma, Evola oggi non abita al Cremlino. Forse non abita più da nessuna parte, ma di certo non abita al Cremlino.

Sandro Consolato

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