Roma, 26 lug – Guarda un po’, gli scendiletto a centrodestra fanno sentire la loro voce. Oddio, anche raccontarla in un modo simile in un certo senso sarebbe eccessivo, perché loro la voce non la alzano mai. Al massimo, rispondono a domande aggressive e nella migliore delle ipotesi di mettono sulla difensiva, avallando ciò che gli eterni padroni comandano, oppure prendendo tempo, deviando i discorsi. Poco conta se le richieste siano oltre ogni vergogna, specialmente se provengono dall’universo politico e culturale che con insulto incredibile dell’intelligenza umana continua a spacciarsi come “democratico”.
Scendiletto a centrodestra, come sempre
Intendiamoci, lo scendiletto tende sempre a “stendersi” meglio quanto più si vira verso il “centro” e meno quando ci si volta verso “destra”, ma il risultato finale cambia poco. La sottomissione culturale, la tendenza a chiedere scuse anticipate perfino quando non richieste, l’ossessione di dover essere “accettati” da chi non ha la benché minima intenzione di accettare nessuno. Ma forse, anche così, siamo troppo ottimisti. Magari ci fosse la voglia di essere accettati, macché. L’unico scopo reale sembra il quieto vivere, che per carità, può anche essere compreso intellettivamente, molto meno considerato quanto il risultato seguente non raggiuna alcuno dei miseri obiettivi perseguiti o sperati. E così Antonio Tajani, ministro degli Esteri, guarda caso più a centro che a destra, si prodiga nella “risposta” alla fatidica “domanda” dopo i fatti di Torino in cui un “audace” giornalista prima sconosciuto ha rimediato la bellezza di due sbucciature ai ginocchi e zero giorni di prognosi ma ad ascoltare lui e mezza stampa mainstream sembra quasi uscito per miracolo dall’ennesimo bombardamento sulla Striscia di Gaza.
Paura e inutile mediocrità
A Tajani viene posta una domanda, o per meglio dire un diktat: “Ora bisogna sciogliere Casapound!”. Il ministro risponde, sostanzialmente, un “perché no”, o meglio un “non ho nulla in contrario”. Insomma, non riesce ad esprimere positività neanche nell’obbedienza ai padroni, il caro ministro. Non è che dice – in modo che sarebbe fastidioso ma per ragioni diverse – “sono pienamente d’accordo”. No. Il titolare del dicastero asserisce di “non avere nulla in contrario”. Come a dire, fate voi, il regno è il vostro, non voglio rogne. Certo, mitiga con il politichese “spetta alla magistratura e ai pm”, ma non è che il senso cambi di molto. Del resto, il caro ministro ci aveva dato prova della sua schiena dritta già con il caso Salis, strepitato dalla sinistra in lungo e in largo prima di ottenere, con l’elezione ad europarlamentare, la fuga da Budapest e dal peso di dover affrontare la responsabilità di un processo per aggressione. Ma si sa, sono dettagli. Meglio respirare e meglio continuare a farsi dire cosa pensare. Applausi scroscianti.
Stelio Fergola