Nuova Delhi, 16 gen – L’India ha scatenato una lotta senza precedenti contro il contante. Lo scorso otto novembre il governo indiano ha iniziato a ritirare dalla circolazione le due banconote di taglio più alto, ovvero quelle da 500 e 1.000 rupie. Secondo il primo ministro indiano Narendra Modi: “Questa scelta servirà a far diminuire la corruzione e l’evasione fiscale”. Per comprendere meglio l’impatto di questa scelta, è bene contestualizzare l’accaduto. Le banconote tolte dalla circolazione rappresentavano circa l’ottantasei per cento del contante in Paese in cui le transazioni economiche avvengono per il 98 % in moneta sonante. Tra gli 1,3 miliardi d’indiani circolano solo venticinque milioni di carte di credito, e più dell’85% dei 660 milioni di carte di debito viene utilizzato solo per prelevare denaro contante dagli sportelli automatici.
Secondo un report recentemente pubblicato, duecentotrenta milioni d’indiani non avevano ancora un conto in banca nel 2015. È facile immaginare le scene di panico a cui si è assistito. Anche perché le autorità monetarie hanno iniziato a stampare le nuove banconote solo dopo l’annuncio della decisione. Le conseguenze sono facili da comprendere: la domanda – come ha fatto notare Il Washington Post – ha stracciato l’offerta, provocando una crisi di liquidità e bloccando le transazioni commerciali quotidiane di beni di prima necessità, dunque di cibo, medicine, trasporti. A soffrire soprattutto i piccoli commercianti, ma anche tutti quei dipendenti che erano soliti ricevere la paga alla fine di ogni giornata lavorativa. In India le lunghe file di fronte agli sportelli delle banche hanno provocato malori e in alcuni casi anche decessi. Diversi gli episodi riportati di gente che non è riuscita a prelevare i propri soldi, di Bancomat vuoti e di istituti di credito, a secco di valuta. Il governo voleva modernizzare gli scambi commerciali ma ha fatto risorgere il baratto. Troppe le leggerezze compiute da Nuova Delhi. È come se un medico per risvegliare un paziente dal coma iniziasse a prenderlo a calci. La montagna però sembra aver partorito un topolino.
La quantità di banconote ritirate, infatti, per stessa ammissione dell’esecutivo, è decisamente più bassa delle stime fatte alla vigilia dell’8 novembre. Rimane da capire cosa avverrà quando arriverà la resa dei conti. Le operazioni fiscali post demonetizzazione si annunciano non proprio immediate. Gli ispettori del fisco dovranno scandagliare tutti i depositi superiori a 250mila rupie, le autorità competenti dipendenti dalla Banca Centrale Indiana avranno anche il compito di controllare quante delle vecchie banconote depositate fossero contraffatte, passando l’intera mole di banconote attraverso delle macchine apposite. Le operazioni, secondo Indian Express, al momento richiederebbero non meno di due anni.
In breve, non ci vuole un economista per capire il disastro compiuto dal governo indiano. Un dubbio, però, rimane: chi li ha inspirati? A rispondere a questo interrogativo ci pensa Norbert Haering, giornalista finanziario tedesco, blogger ed economista, autore del best seller: “Abolizione dei contanti e conseguenze”, pubblicato nel 2016. Secondo Haering: “Più di trentacinque organizzazioni chiave indiane, americane ed internazionali si sono unite al Ministero delle Finanze e a USAID (U.S. Agency for International Development) per questa iniziativa”. Citate tra queste istituzioni la Better Than Cash Alliance, la Gates Foundation (Microsoft), Omidyar Network (eBay), la Dell Foundation, Mastercard, Visa, la Metlife Foundation. Riguardo alla Better Than Cash Alliance, di cui l’USAID fa parte, si tratta di un’istituzione che è stata fondata nel 2012 come strumento di lotta al contante e il cui segretariato si trova all’interno del Fondo delle Nazioni Unite per lo sviluppo dei capitali (UNCDP), a New York. E proprio questa agenzia dell’Onu, piccola e piuttosto povera di fondi – fa notare Norbert Haering- ha avuto la fortuna di poter vantare tra i suoi donatori più generosi, in uno dei due anni precedenti, la Gates Foundation e nell’altro la Mastercard Foundation.
Anche se il giornalista economico tedesco fosse solo un “complottista”, è innegabile che la finanza globale ama il denaro virtuale. In India arriveranno almeno mezzo miliardo di carte di credito. Con la scusa della lotta all’evasione fiscale aumenterà il potere contrattuale delle multinazionali del credito. La circolazione di moneta virtuale, infatti, aumenta il debito dell’economia reale e la rende maggiormente controllabile dalla sfera finanziaria. Pagheranno tutti, dunque, non per pagare meno ma per foraggiare gli usurai globalizzati.
Salvatore Recupero