Lo studio, coordinato da un’equipe dell’università La Sapienza di Roma in collaborazione con il Policlinico Umberto I, ha analizzato per anni l’enzima Nox2, responsabile dell’ispessimento dell’arteria carotide, provocandone l’occlusione e dunque l’ictus. Se però l’enzima “killer” viene tenuto sotto controllo – o addirittura disattivato – è possibile, spiegano i ricercatori, evitare o quanto meno ridurre la sclerotizzazione arteriosa e così abbattere sensibilmente le statistiche di mortalità.
La sperimentazione sugli animali ha già dimostrato una riduzione della placca arteriosclerotica della carotide del 30%, numeri che fanno trapelare un certo ottimismo anche se per l’utilizzo umano un farmaco ancora non è disponibile: “I tempi non sono lunghissimi, in pochi anni potremmo ottenere grandi risultati“, spiega comunque Francesco Violi, primario della Prima clinica medica all’ospedale romano. “Sicuramente servirà un farmaco – continua Violi – ma non ci sono ancora case farmaceutiche che se ne stanno occupando”, anche se “abbiamo già messo a punto il metodo per misurare l’enzima nel sangue, lo stiamo brevettando e fra poco si potrà usare”.
Nicola Mattei
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