Milano, 24 set – Si sta svolgendo in questi giorni la Milano Fashion Week 2017, un evento istituito nel 1958 e condiviso solo dalle quattro capitali della moda, le โBig Fourโ New York, Londra, Parigi e per lโappunto Milano. Lโappuntamento richiama da anni migliaia tra appassionati, curiosi e addetti ai lavori da tutto il mondo. Mentre Roma si pasce dโuna bellezza senza paragoni, ma ostacolata da mala gestione e turismo mordi e fuggi, Milano รจ sempre piรน protagonista della scena europea e mondiale. Il capoluogo lombardo, pur non esente da problemi di natura sociale ed economica, sa destreggiarsi nel ruolo di metropoli internazionale e produttiva, attestandosi tra le prime cittร italiane per qualitร della vita e impiego. Dal canto suo Roma sembra invece sempre piรน preda dโun crescente provincialismo; se il modello seguito da Milano รจ quello dโuna Francoforte quello per la cittร eterna pare essere piรน Atene, basti pensare che da tre anni la cittร meneghina supera la capitale per numero di visitatori e vanta in questo 2017 un incremento del turismo quasi del 18%.
La Stazione Centrale di Milano
A chi spetta il merito di tutto questo? A Sala? Ad Expo? Alla Milano Fashion Week? A Fedez e a Chiara Ferragni? Certo che no. Milano รจ quella che รจ grazie al suo storico buongusto, allโoperositร dei suoi cittadini e alla funzionalitร ereditata dallโinizio dello scorso secolo. Quando si arriva in treno a Milano Centrale la prima cosa che colpisce รจ ovviamente la stazione stessa. Appena smontati dal vagone, infatti, si รจ subito catapultati in un ambiente di monumentale magnificenza: un edificio che sormonta il viaggiatore con tutta la sua statura e allo stesso tempo incanta per lโeleganza che emana. Cavalli alati, fregi e simboli zodiacali fondono uno stile Liberty e Art Deco coi richiami della romanitร antica, con un risultato incredibilmente moderno. La funzionalitร del complesso coesiste perfettamente con unโalta ricerca estetica, merito del visionario architetto fiorentino Ulisse Stacchetti e dellโingegnere bolognese Alberto Fava. La stazione risulta ancora piรน sbalorditiva se si pensa che tra non molto compirร un secolo. I lavori infatti iniziano nel 1925 per concludersi nel 1931. In soli sei anni la cittร di Milano vede lโinaugurazione e lโattivazione di unโopera che ancora oggi appare avveniristica, figuriamoci per gli occhi dei nostri nonni e bisnonni.
Cosa รจ giusto sottolineare รจ che lโItalia, ma in modo particolare la cittร di Milano, vive una stagione di grande sviluppo nei primi decenni del 900, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture e sotto il profilo culturale. Senza alcun timore si puรฒ dire che Milano inizia ad essere una cittร allโavanguardia giร centโanni fa, e deve moltissimo a quel vero e proprio Rinascimento che furono i primi quarantโanni del secolo scorso. In barba alle favolette di chi vorrebbe dipingere i nostri nonni come straccioni da terzo mondo, va ricordato che i milanesi rivestirono dโoro la statua della Madonnina del Duomo nel 1939.
Molto prima di Expo, degli apericena, del Bosco Verticale e dei ristoranti sushi-fusion, la cittร si trasforma e si apre alla modernitร . Nel โ29, intanto che negli Stati Uniti crolla la borsa di Wall Street, a Milano viene eretto il mirabile Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Valori in piazza degli Affari. Solo lโex assessore alla cultura Boeri della giunta Pisapia potrร comprometterne la vista decidendo di lasciare definitivamente lรฌ di fronte una scultura del 2010 di Cattelan, โLoveโ, nientโaltro che un obbrobrioso dito medio in marmo di quattro metri. Sfregio non dissimile dallโinutile โMela Reintegrataโ di Pistoletto: undici tonnellate di banalitร contemporanea nel contesto di Piazza Duca DโAosta, proprio dirimpetto alla sopracitata Stazioneย Centrale. Opera criticata anche dagli stessi estimatori dellโartista, inoltre รจ da tempo diventata un bivacco per profughi e un banco di prova per gli aspiranti Writers. Insomma, quando si dice che tanti non meritano il proprio passato.
Il palazzo dell’Arengario
Chi conosce realmente la metropoli sa invece che la ricchezza infrastrutturale e culturale proviene da molto piรน lontano rispetto agli ecomostri anni 60/70 e alle brutture contemporanee, spesso figlie di giurie di architetti corrotti, ma spacciate per geniali prodezze concettuali. La veritร รจ che oggi la Triennale di Milano, sede dei maggiori eventi per quanto concerne design, arte, architettura, moda, cinema ecc, รจ ospitata allโinterno del Palazzo dellโarte del 1935, unโincredibile esempio dโarchitettura classica e al contempo razionalista dellโarchitetto Giovanni Munzio. Lo stesso Munzio รจ il maestro che si cela dietro ai restauri della rinomata Universitร Cattolica del Sacro Cuore. In piรน, รจ tra i progettisti del Palazzo dellโArengario, vera e propria perla di stile Novecento in piazza del Duomo, decorata dallo scultore fascista Arturo Martini e in perfetto equilibrio con la celebre cattedrale gotica. Al suo interno รจ stato allestito oggi il Museo del Novecento, la raccolta piรน completa di opere legate al Futurismo: Balla, Boccioni, Carrร , Soffici, ma anche la metafisica di De Chirico, le nature morte di Morandi e il post-Cubismo di Severini. Questi sono gli italiani che convergendo su Milano fanno della cittร meneghina un polo culturalmente invidiabile. Parigi e Londra sbigottiscono nel vedere iย propri primati insidiati da unโex provincia dellโimpero austroungarico. Russia, Stati Uniti, Inghilterra e Giappone assimilano la lezione delle nostre avanguardie, acquisiscono opere, assimilano e nascono cosรฌ il Vorticismo inglese, il Dadaismo, il Surrealismo e i lavori di Majakovskij, Pound e Kawabata.
Dal Palazzo Gallia (oggi Hotel Excelsior), allโidroscalo, alla Torre Branca (originariamente Torre Littoria), a Villa Necchi Campiglio, fino allo Stadio Meazza, Milano ha ereditato dal primo novecento un patrimonio sterminato di bellezza intramontabile. Urbanisti, architetti, ingegneri e designer di oggi dovrebbero guardare con umiltร a questo fiorente passato, cercare dโesserne degni eredi e mantenere soprattutto il patrimonio lasciato dai maestri.
Alberto Tosi