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“La Rivoluzione? Avari contro invidiosi!”. Céline in Urss nel 1936-1937

by La Redazione
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Roma, 30 ott – Giusto in tempo per i venti anni dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917, usciva in Francia nel 1937 un breve, devastante pamphlet che in solo una ventina di pagine demoliva sia l’esperimento sociale-politico bolscevico sia qualunque velleità di palingenesi dell’Uomo. L’autore era Louis-Ferdinand Céline, il veterano della prima guerra mondiale, medico e scrittore del best seller e libro scandalo del 1932 Viaggio al termine della notte, e questa chirurgica e caustica disanima della Russia stalinista gli valse il definitivo ostracismo del bel mondo intellettuale francese, da Sartre a Aragon, già messi in sospetto dal rifiuto del dottor Destouches di accettare le offerte di accomodarsi dalle ben poco bolsceviche ma molto borghesi poltrone dei “salotti buoni” della cultura militante dopo che il successo del Viaggio lo ebbe messo sotto i riflettori della cronaca e delle terze pagine.

Céline aveva scritto questo libro dopo essersi recato in Russia nel 1936 a Mosca e Leningrado, invitatovi dalla ben oleata macchina della propaganda sovietica per spendervi le royalties provenienti dalla traduzione in russo del Viaggio al termine della notte, tradotto in questa lingua da Elsa Triolet, scrittrice, moglie del poeta surrealista divenuto staliniano Aragon, e informatrice sovietica. Negli anni ’30 l’URSS aveva infatti fondato l’Intourist, un ente incaricato di gestire le visite degli occidentali, in specie intellettuali e politici, allo scopo di mostrargli le “meraviglie del Paese dei Soviet”. Così, schiere di scrittori, saggisti, pittori, artisti, etc si recarono in Russia e, storditi da banchetti, royalties faraoniche e tirature oceaniche dei propri libri e portati in giro da “accompagnatori” (in realtà agenti dei servizi d’informazione sovietici) tra fattorie collettive modello e centrali idroelettriche come casalinghe in viaggio organizzato a Lourdes, rientrati nelle loro nazioni riportavano felici le loro batterie di pentole, ossia tessevano lodi sperticate del sistema sovietico, e della Russia in generale, come ben ricostruito, per gli intellò franzosi, da Fred Kupferman in Au pays des Soviet. Le voyage francais en Union sovietique, 1913-1939, Parigi 2007.

Peccato che negli anni dal 1932 al 1938 e successivamente la realtà sotto quella maschera era quella dei Gulag, delle collettivizzazioni forzate e dei milioni di morti dell’Holodomor, l’olocausto ucraino, dei processi di Mosca e della liquidazione dei nemici veri e immaginari del bolscevismo… la lista di chi cascò nella trappola – anche nei decenni successivi – vedi il monumentale testo di Paul Hollander Pellegrini politici. Intellettuali occidentali in Unione Sovietica, Cina e Cuba, Bologna 1981, sarebbe infinita: Sartre, Malraux, Gyorgy Lukacs, Pablo Neruda, Calvino, Moravia, G. B. Shaw, Susan Sontag… Pochissime le voci contro, specie nei focali anni ’30: ricordiamo André Gide con il suo Ritorno dall’URSS e Arthur Koestler con il capolavoro Buio a mezzogiorno, e poi, ovviamente, il George Orwell di Omaggio alla Catalogna e 1984.

Ma torniamo a Céline e al suo Mea Culpa, proponendone una serie di pirotecnici estratti:

La miseria, uno si immagina che gli uomini ne abbiano fin sopra i capelli una volta per tutte, schiacciati come sono, ma la miseria è il meno nella Storia del mondo moderno! Il peggior orgoglio negativo, vuota fatuità, l’invidia, la smania di dominare, ossessionano, accaparrano, recludono tutti quei furboni in manicomio, l’enorme Lazzaretto di domani, la Quarantena socialista. 

«Sta’ bene in guardia Popòl! Sei un fenomeno! Sei emancipato come pochi! Sei molto più libero, fa’ un po’ il confronto, dei servi della gleba sull’altra sponda! Nell’altra prigione! Coraggio, un’altra sbirciatina allo specchio! Un goccio per schiarirti le idee! Vota per il sottoscritto! Popòl sei una vittima del sistema! Ti riformerò l’Universo! Lascia perdere la tua natura! Sei tutto d’oro, te lo dico io! Smettila con i rimproveri! Con le riflessioni! Stammi a sentire! Voglio la tua felicità, quella vera! Ti nomino imperatore, vuoi? Ti va bene? Ti nomino Papa e Domineddio! Tutto in una volta! Bum! Ci siamo! Fotografia!»

Laggiù dalla Finlandia a Bakù il miracolo è cosa fatta! Impossibile dire il contrario. Ah, gli fa mica bene a Prolèt tutto ‘sto vuoto intorno, all’improvviso. Non ci si è ancora abituato. E grande un cielo così tutto per noi! Bisogna affrettarsi a scoprire la quarta dimensione! La vera dimensione! Quella del sentimento fraterno, quella dell’identità altrui. Più nessuno da opprimere… Neanche uno sfruttatore da far fuori…

[…]

È protetto, Prolevic, si può ben dirlo, come nessun altro, dietro centomila fili spinati, il cocco del nuovo sistema! contro gli impuri d’oltre frontiera e anche contro i fetori del mondo avvizzito. È lui, Prolevic, a mantenere (con la propria miseria) la polizia più abbondante, più sospettosa, più carogna, più sadica del pianeta. Ah! mica lo lasciano solo! La vigilanza è impeccabile! Non c’è verso di rapirlo, Prolevic!… Eppure, si annoia!… Lo si capisce a occhio nudo! Si farebbe ammazzare pur di uscire! Pur di trasformarsi in «Exturista» per cambiare un po’. Col cavolo che tornerebbe indietro. Ecco una sfida che si può lanciare alle Autorità Sovietiche. Nessun pericolo che ci provino! Si può stare tranquilli! Non tenteranno! Ci resterebbe più nessuno, laggiù!

[…]

Perché il bell’ingegnere guadagna 7000 rubli al mese? Parlo di laggiù in Russia, e la donna delle pulizie solo 50? Magia! Magia! È che siamo tutti letame! Là come qui! Perché una scarpa costa già 900 franchi? e una risuolatura decisamente precaria (visto coi miei occhi) sugli 80?… E gli ospedali?… Questo a parte le meraviglie del Cremlino, e le camere per l’«Inturismo». Le altre, francamente, sono sordide! Vivono appena al dieci per cento di un bilancio normale. Tutta la Russia vive al dieci per cento del bilancio normale, tranne la Polizia, la Propaganda, l’Esercito…

[…]

L’Uomo è umano pressappoco quanto la gallina vola. Lei, se si prende un colpo duro nel didietro, se un’auto la fa piroettare, va su fino al tetto, è vero, ma ripiomba subito nella melma, a ribeccare lo sterco. E’ la sua natura, la sua ambizione. Per noi, nella società, è esattamente lo stesso. Non si smette d’essere totalmente letame che sotto il colpo d’una catastrofe. Quando tutto più o meno s’aggiusta, la natura si rimette al galoppo. Anche per questo, una Rivoluzione bisogna giudicarla vent’anni dopo.

«Io sono! tu sei! noi siamo dei distruttori, degli impostori, dei sudicioni!». Non si diranno mai, queste cose. Mai! Mai! Eppure la vera Rivoluzione sarebbe proprio quella delle Confessioni, la gran purificazione!

Ma i Soviet cadono nel vizio, loro, negli artifici ballistici. Conoscono troppo bene tutti i trucchi. Si perdono nella propaganda. Cercano di farcire la merda, di servirla al caramello. E questa l’infezione del sistema.

Ah! l’hanno ben sostituito, il padrone! Le sue violenze, le sue scempiaggini, le sue furbizie, tutte le sue puttanerie pubblicitarie! La sanno vender bene la loro roba! C’è mica voluto tanto! I nuovi sfruttatori son già lì sul podio!… Guardateli, i nuovi apostoli… Tutti pancia e a cantare!… Bella Rivolta! Magnifica Battaglia! Misero bottino! Avari contro invidiosi! Era tutta qui, dunque, la gran contesa!

Ed ecco, per terminare, una testimonianza relativa al viaggio in URSS di Céline, inedita in italiano, della intellettuale antifascista francese Lucie Mazauric (1900 -1983), che lo incontrò durante la sua permanenza in Russia: “Sapevamo che Leningrado fosse bella, ma non avevamo immaginato la perfezione ineguagliata della sua architettura! Non avevamo mai visto nulla di così armonioso. Mosca, con i suoi campanili dalle cupole a bulbo e il suo Cremlino, ci aveva fatto penetrare nell’antica Russia vicina all’oriente […] Questo detto, non ci è stato possibile maturare un giudizio d’insieme sul regime, come Gide ha fatto. Non ne avevamo né il tempo né i mezzi [facile, pilatesca scappatoia, quella della “chierica” Mazauric]. Leningrado non era, come Mosca, la Mecca degli intellettuali. Il nostro incontro più strano, all’hotel, fu quello di Céline. Non so quale fantasioso sovietico aveva avuto la strampalata idea di invitarlo a venire in URSS. Il suo fisico mi ghiacciò, con il suo volto tormentato, forato da due occhi azzurri molto chiari, la sola nota di purezza in quella faccia degradata. I suoi discorsi grondavano di volgarità voluta. Cito: “Questo paese è infetto. Impossibile viverci. Io, ho bisogno di queste buone piccole democrazie marce, per farci del buono…”. E aggiungeva, davanti a una segretaria terrorizzata: “E non c’è nessuno con cui scopare qui! Non ho che questa piccola sciacquetta di segretaria, che ogni mattina se ne esce dal mio letto per precipitarsi a fare rapporto alla GPU!” La segretaria l’ascoltava, capendo tutto, sull’orlo delle lacrime. Una scena terribile a vedersi… Ma non era Céline che eravamo venuti a scoprire in URSS. Preferivo ricordarmelo ai suoi inizi, quando André [Chamson] era stato il primo a salutare il suo esordio in letteratura con un articolo di elogio!

Ci aveva visto e ci vedeva chiaro, Céline, sulle rivoluzioni “da giudicare vent’anni dopo”, sugli intellettuali, sull’Uomo… e non glie la perdonarono, la Verità, ancor prima dei pamphlet antisemiti… e d’altronde l’aveva già scritto e capito: “La Verità di questo mondo è la Morte. Bisogna scegliere, morire o mentire”.

Andrea Lombardi

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1 commento

Tony 30 Ottobre 2017 - 5:31

…l’essere umano è capace di compiere atti nefasti ma anche atti di grande magnificenza… solitamente si mantiene tra le due..Asserrire solo una o l’opposto è da elementare..

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