«Qui si trova la chiave per comprendere il tutto». La Sicilia nella Seconda Guerra Mondiale come primo caso ‘globale’ di guerra totale. Sia pur riferito al triennio 1940-1943, il libro di Nello Musumeci accompagna il lettore nella vita quotidiana di una realtà tutt’altro che ‘periferica’, simile all’odierna Ucraina.
Roma, 25 ago – «La visita dell’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna traccia nell’anima; solo a partire da qui si trova la chiave per comprendere il tutto». Nella Palermo del 13 aprile 1787, immerso nei colori di una primavera raggiante, un uomo dall’aria meditabonda, conosciuto sotto il falso nome del pittore Jean Philipp Möller, annotava su un ‘taccuino’ le sue impressioni su quell’isola che non smetteva mai di incantare i suoi visitatori per la mitezza del clima, la genuina saporosità di ogni piatto, il rigoglio dei frutteti. Allo stesso tempo, però, l’arguto osservatore d’Oltralpe, in realtà corrispondente al nome di Goethe, non risparmiava l’uso del lemma «Abenteuer» per descrivere la quotidianità della Sicilia.
La Sicilia bombardata: Musumeci sulla seconda guerra mondiale e sull’isola
Per «avventura» il padre della lingua tedesca contemporanea intendeva una terra i cui abitanti erano, più o meno, tanti epigoni di quel «Conte di Cagliostro», il millantatore panormita del Settecento, amante del lusso sfrenato, le cui bricconate, alias frodi, erano arrivate ad inguaiare perfino la regina di Francia Maria Antonietta. Quanto siamo lontani, alla prova della storia, dalla presunta «isolitudine» di cui fantasticava nel 1981 Gesualdo Bufalino nella sua «Diceria dell’untore»! Se dovessimo individuare l’evento, ‘globale’ per antonomasia, che ha fatto provare ai Siciliani gli stessi brividi, le sofferenze e gli orrori di buona parte della popolazione mondiale negli Anni Quaranta del Novecento, la scelta non potrebbe che cadere sugli anni della Seconda Guerra Mondiale. In una direzione spiccatamente anti-isolana va letto il nuovo libro di Nello Musumeci, La Sicilia bombardata. La popolazione dell’Isola nella Seconda Guerra Mondiale (1940-1943), pref. di Gennaro Sangiuliano, Rubbettino, Soveria Mannelli 2023, 188 pp., 31 foto b/n, euro 18», uscito in concomitanza con l’ottantesimo anniversario dalla fine dell’ultima (e sanguinosissima) guerra finora combattuta in Sicilia contro un nemico esterno. Storico e giornalista per vocazione, l’attuale «Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare» può vantare almeno cinque decadi di familiarità con la tematica della sua nuova pubblicazione. Risale al 2002 l’esempio più noto tra i tanti che potremmo citare, ovvero la fondazione a Catania, Musumeci regnante come «Presidente della Provincia», del «Museo storico dello sbarco in Sicilia». Esso presenta la ricostruzione più completa oggi esistente tra divise, ricostruzioni di ambienti e suppellettili dell’epoca, unitamente a supporti multimediali, finalizzata a stupire, in virtù della documentata concretezza, quanti desiderino rivivere e conoscere gli eventi sviluppatisi in Sicilia tra il “fatidico” 10 giugno 1940, coincidente con l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, e il 10 luglio del 1943, allorquando l’«operazione Husky» segnava l’inizio della risalita dello «Stivale» da parte delle forze angloamericane a danno delle truppe tedesche e italiane. Nel triennio 1940-1943, la penisola italica registrò un avvicendamento di sconquassi, capaci di incidere su ogni ganglio del vivere civile.
La fine del regime fascista e la divisione dell’Italia nei ‘blocchi’ politico–militari della «Repubblica Sociale Italiana» a Nord e del «Governo Badoglio» al Centro-Sud erano le macroscopiche conseguenze di eventi verificatisi in Sicilia a partire quel fatidico «Luglio 1943», subito ‘rimbalzati’ a Roma e, di riflesso, all’intero paese. Siamo alle prese con l’ennesimo libro sulla grande storia, qui intesa come la contrapposizione tra il “duo” Mussolini-Hitler da una parte e quello Churchill-Roosevelt dall’altra? I rischi di rileggere l’ennesimo ‘polpettone’, infarcito di date e battaglie, sono fugati già dalla prefazione, a firma di Gennaro San Giuliano. L’ex Direttore del TG2, oggi «Ministro della Cultura», mette da subito in evidenza come «oltre l’analisi storica e l’accertamento delle responsabilità, c’è il racconto delle singole realtà che come piccoli tasselli compongono un grande mosaico».
Parole semplici, per tutti
Da conoscitore di Montanelli, l’autore ha declinato nella sua opera il famoso motto del nostro Indro nazionale: «scrivi in modo che ti capisca un lattaio dell’Ohio». Le quattro parti che compongono l’opera ricreano le contrastanti vicende di quell’odissea, chiamata «guerra totale». 1943, 14 Luglio, ore 14:15; sul comune di Paternò, alle pendici dell’Etna, dodici bombardieri B-25 Mitchell e altrettanti bimotori scaricarono bombe e raffiche di mitra, che in meno di due ore rasero al suolo il centro abitato e causarono non meno di 300 vittime tra i civili. Tra i piloti a guida dei rapaci in lamiera, le fonti ci parlano di un italoamericano, Thomas Fumoso, la cui famiglia era emigrata da Paternò verso gli Stati Uniti in cerca di fortuna. Il pilota non era stato informato dai superiori sul nome della località da bombardare. Agli abitanti del borgo etneo, «tremanti come foglie e pallidi come cadaveri», non resta che ripararsi «istintivamente sotto i letti», mentre «il pavimento sussulta, la casa trema e sembra crollare». Buoni da una parte e cattivi dall’altra? Memore dei disastri del gramscismo applicati alla ricerca storica, Musumeci si guarda bene dal riproporre, con faciloneria, comode ricostruzioni ‘a senso unico’, con esiti affini a quelli prodotti dopo il 1945, sotto le facili e scontate protezioni dei vincitori di turno. Allo storico interessa, in primis, riannodare tutti quei fili pendenti che per troppi, lunghi decenni, sono stati ignorati dalla storiografia ufficiale. Per quali ragioni gli «Alleati» si accanirono contro una popolazione civile disarmata e ansiosa di uscire dall’inferno della guerra, come accaduto il 10 luglio del 1943 a Gela?
E come approcciarsi alla conoscenza dei «matrimoni di guerra», dapprima tra i soldati tedeschi e le donne isolane, dal 1943 tra i rangers americani e le ʻbedde fimminiʼ, aspetto misconosciuto dalla storiografia ufficiale? Dalle fonti d’archivio passate a setaccio dal Musumeci emerge la descrizione di uno scenario del tutto inedito, che anticipa di almeno dieci anni, per crudezza e veridicità, la disastrata quotidianità nella Napoli in guerra, descrittaci da Malaparte nel 1949 con il suo romanzo «La Pelle». Nelle conclusioni, l’autore non lascia spazio né a revanscismi né a sconti per i partners atlantici. «Una serena valutazione dei fatti storici porta a un’amara conclusione: i bombardamenti dell’Isola, nei tre anni che precedono l’armistizio, sono stati i più perversi, e, soprattutto, i più inutili della Seconda Guerra Mondiale». L’ abilità del narratore porta, sulle orme di Sciascia, a rileggere la storia della Sicilia come la metafora del mondo nel quale viviamo, bombardati dall’avanzamento, in apparenza immateriale, della cancel culture. Revisionare, sine ira et studio, la conoscenza della storia è il primo passaggio per la salvaguardia della memoria dai nuovi bombardamenti mediatici, capaci di divellere stili di vita e convincimenti con una forza distruttiva maggiore delle bombe che, negli Anni Quaranta del Novecento, si abbattevano sui civili inermi ai quattro angoli della terra.
Marco Leonardi