Ovviamente lo status di “malaria free” per l’Europa può essere messo a repentaglio in qualsiasi momento dalle gigantesche migrazioni d’uomini, che vengono spesso proprio dai paesi in cui la malattia non è ancora stata debellata. Stefano Vella, vicepresidente di Friends of the Global Fund Europe (associazione che sostiene il Fondo Globale per la lotta contro l’Aids, la Tubercolosi e la Malaria, una collaborazione internazionale tra governi, società civile e settore) ha dichiarato: “L’estrema globalizzazione dei nostri giorni consente spostamenti di persone, cose e anche di malattie, prima impensabili”. Che è un modo molto pudico di dire che l’immigrazione può essere un possibile vettore per malattie come questa.
Secondo i dati dello studio “Malaria surveillance in Italy: the 2000-2008 national pattern of imported cases” (pdf 1,1 Mb), pubblicato nel 2010 sul Giornale italiano di medicina tropicale, relativo al periodo 2000-2008 (prima, quindi, dell’attuale ondata incontrollata di immigrazione), in Italia sono stati rilevati 6377 casi, di cui 9 di origine autoctona e 6368 di importazione, in particolare 1749, che rappresentano il 27,5% del totale, sono stati riscontrati in cittadini italiani e 4619 (72,5%) in cittadini stranieri. Le rilevazioni annuali hanno messo in luce il calo dei casi registrati: dal 2000 al 2008 questo valore è diminuito del 60% tra gli italiani e del 33% tra gli stranieri, passando dai 977 casi rilevati nel 2000 ai 583 nel 2008. Nel 93% dei casi la malaria è stata contratta in Africa, in particolare nei Paesi della costa occidentale (Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Senegal e Camerun).
Roberto Derta
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