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Difendere i confini dagli invasori: l’esempio dei martiri di Otranto

by Federico Rapini
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2802350469_a55474fb6f_z_2962630_708200Roma 8 sett- Nella cultura latina gli exempla del passato sono sempre stati fondamentali. Cornelio Nepote, Virgilio, Livio sono solo alcuni degli autori che nelle loro opere esaltarono il mos maiorum con l’obiettivo di riportare in auge un modus vivendi incentrato sull’onore, l’amor patrio e l’attaccamento alla famiglia. Tutte cose che oggi, a quanto vogliono farci credere, sono solo “stupidaggini razziste e xenofobe”. Ce lo vuole far credere chi, pezzo per pezzo, sta cercando di distruggere le identità nazionali e con esse il retroterra culturale dei popoli europei.
Ma questi sono gli stessi che ci propinano ogni giorno il “welcome refuges”, mitizzando chi lascia la propria terra e la propria famiglia a causa di una (presunta il più delle volte) guerra.Sono questi, quindi, gli esempi da prendere? Quelli che preferiscono salvarsi la pelle invece di difendere la loro storia e le loro famiglie? Forse no. Perché senza stare a scomodare la letteratura latina, si può fare un salto indietro nel tempo più breve.

Magari al 1480. Anno della Battaglia di Otranto, in cui gli abitanti della città salentina, in netta inferiorità numerica (circa 6000 contro più di 20.000) e disarmati, decisero di difendere non solo la loro città, ma anche la loro dignità e la loro identità contro i turchi. Difatti rifiutarono di rinnegare la loro religione, la loro patria e la loro storia, preferendo la morte. La battaglia vide lo scontro tra gli abitanti di Otranto e i turchi guidati dal sultano Maometto II che intendeva sbarcare in Puglia per attaccare il regno di Napoli di Ferrante e successivamente Roma. Il comandante della sua imponente flotta era Gedik Ahmet Pascià, che inizialmente puntò Brindisi ma a causa di una tramontana si ritrovò nella città degli idruntini. La città era piccola e mal fortificata cosicché i turchi pensarono di trovare vita facile. Gli abitanti della città però non avevano intenzione di lasciare le proprie case e scappare. Dopo le iniziali scaramucce Akhmet inviò un primo messaggero agli otrantini per proporre l’abbandono della città senza battaglia a patto che abiurassero pubblicamente la loro fede e la la loro cultura. L’ambasciatore riuscì per un pelo a scappare dall’ira della popolazione. Sorte peggiore toccò al secondo messaggero che non riuscì neanche ad avvicinarsi ad Otranto in quanto fu colpito da una freccia scagliata dalla città.

Le 2 settimane di battaglia che seguì vide un’eroica resistenza degli abitanti di Otranto che, guidati da Ladislao De Marco, si riunirono nella cattedrale giurando di resistere fino all’ultimo. E così fu. L’11 agosto del 1480 i turchi riuscirono però ad entrare nella fortezza e a massacrare la popolazione. Gli uomini furono torturati e uccisi. I bambini e le donne violentate e portati in oriente come schiavi. Ai pochi superstiti fu data l’ultima possibilità di rinnegare la loro fede e il loro essere. La risposta fu ovviamente negativa. Preferirono la morte piuttosto che abbassare la testa al nemico. Testa che  fu però tagliata dai turchi a questi  800 uomini sul colle della Minerva, dopo averli legati e trascinati fin sul colle. Il loro sacrificio è tutt’ora visibile nella Cappella dei Martiri all’interno della Cattedrale di Otranto dove le loro ossa sono conservate. Sono ancora lì per essere un eterno esempio di onore, di forza, di vigore.

Tra questi  800 martiri si ricordano le gesta di Macario Nachira, Antonio Pezzulla detto “Primaldo” che prima di morire si girò verso i suoi concittadini e disse “Fratelli miei, sino oggi abbiamo combattuto per defensione della patria e per salvar la vita e per li signori nostri temporali, ora è tempo che combattiamo per salvar l’anime nostre per il nostro Signore, quale essendo morto per noi in croce conviene che noi moriamo per esso, stando saldi e costanti nella fede e con questa morte temporale guadagneremo la vita eterna e la gloria del martirio”. Va anche ricordato Nicolò Picardi, nobile della città calabrese di Paola,che si distinse nella battaglia provocando anche la stima presso i soldati nemici. Morì piuttosto che rinnegare la fede e la patria. Di lui scrisse così Isidoro Toscano “Era questo Cavaliere per nascimento illustre, nepote di Sir Bernardo Cappellano di Fernando re di Napoli, di rare parti ed amabilissimi costumi, nel valore delle armi valoro guerriero, e non meno nella pietà, e zelo famoso appo tutto il Regno, e perché era molto ben conosciuto dal Re, il fè Capitano di cavalli della sua Guardia, ma dopo lo mandò in compagnia del Duca di Calabria suo figliolo, all’assedio di Otranto, già posseduto dai barbari ad onta dei cattolici, Quando il buon Nicolò si vide sotto le mura della città, incredulità più di ircana tigre, cominciò fortemente a combattere contro i nemici”.

Uomini veri. Che scelsero la via dell’onore piuttosto che salvarsi la vita rinnegando quello in cui credevano. Dei veri esempi che oggi andrebbero rispolverati per non dimenticarli. Per non dimenticare chi preferì la morte per difendere la patria e i propri ideali. Per non dimenticare chi il concetto di “rifugiato” non sapeva neanche cosa fosse. Degli exempla veri e propri. Che hanno raggiunto l’immortalità versando il loro sangue sulle sponde del mare Adriatico pur di non svendere la loro patria. Una patria che per millenni si è mitizzata con il sangue dei propri figli. Una patria nata e difesa con l’arte della guerra e con lo spirito guerriero dei suoi eroi.

Federico Rapini

 

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2 comments

Dino Rossi 9 Settembre 2016 - 11:21

…mica vorrete che insegnano queste cose nelle scuole ai nostri ragazzi! Meglio inculcare buonismo e teoria gender, predicare e pretendere accoglienza ad ogni straniero magari omaggiato le loro meravigliose culture, i loro costumi smantellando la nostra. Sono tempi tristi per chi ancora guarda ai sacrifici dei Padri che versarono sangue per la Patria la Fede e gli ideali che ne facevano un solo Popolo. D’altronde cosa speriamo se “Lady pesc”, l’improponibile Mogherini, si reca a baciarti le pantofole del Sultano di Ankara su ordine di Frau Merkel? Oltre a riempire di nostri denari e concedere visti a milioni di turchi affinché bontà sua, non ci riempia di clandestini? Si preparano tempi ancor peggiori e con questi venduti al potere solo uno scatto di orgoglio salverà i Popoli Europei.

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Gondar 14 Settembre 2016 - 11:09

C’è un progetto di un noto produttore per realizzare un film su questa vicenda da proiettare nelle sale cinematografiche….non potete immaginare quante difficoltà ed ostruzionismi sta trovando e se mai un giorno riusciremo a vedere il film….

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