Roma, 10 giu – Pochi giorni fa Mark Zuckerberg e Palmer Luckey, rispettivamente fondatori di Meta e Anduril Industries, hanno siglato una storica collaborazione per quanto riguarda lo sviluppo di tecnologie avanzate per la difesa.
Meta e Anduril insieme per la difesa
In particolare, l’obbiettivo è la creazione di un casco intelligente, EagleEye, in grado di unire assistenza virtuale, capacità di comunicazione e sensori potenziati per migliorare udito e vista. In pratica dispositivi di realtà aumentata dotati di intelligenza artificiale per soldati integrati e potenziati tramite tecnologie immersive. Una svolta, non del tutto inattesa, per quanto riguarda l’impegno di Meta nel settore bellico che dimostra il cambio di passo dei nuovi paradigmi del potere tra politica e Silicon Valley.
I soldati diventeranno cyborg?
Questo progetto unisce la competenza di Meta in dispositivi immersivi come i visori AR/VR (lo stesso Zuckerberg acquistò Oculus proprio da Luckey per due miliardi di dollari nel 2014) all’esperienza militare-industriale di Anduril nello sviluppo di droni autonomi, torrette di sorveglianza e tecnologie belliche al momento impiegate dal governo Usa. L’orizzonte fantascientifico di soldati-cyborg è ancora relativamente lontano, ma dal punto di vista tecnologico e funzionale il progetto delle due Big Tech sarà in grado di potenziare i sensi, la comunicazione, la coordinazione e la capacità decisionale dei singoli militari impegnati sul campo di battaglia. EagleEye, oltre a possibili impieghi in addestramento realistico, avrà in dotazione visori intelligenti collegati in rete integrati con droni, mappe in tempo reale, sistemi di targeting per obbiettivi specifici e supporto da IA per analisi rapide: uno scenario alla “Black Mirror” che si avvicina di molto ai migliori videogame in circolazione o alle visioni della sci-fi. L’intento dichiarato è quello di “trasformare il modo in cui i combattenti percepiscono e integrano le informazioni sul campo” e “proteggere gli interessi degli Stati Uniti in patria e all’estero”.
Le Big Tech e la tecno guerra del futuro
Anche se l’idilliaco connubio tra Elon Musk e Donald Trump sembrerebbe essere arrivato alla conclusione, non sembra fermarsi la tendenza percepita già in diversi strati della società in merito alla crescente convergenza tra grandi aziende del tech e settore militare, in particolar modo con il nuovo governo MAGA americano. Oltre la già citata Anduril, anche Google, dopo un iniziale rigetto, è tornata a collaborare con la Difesa attraverso piattaforme cloud, gli stessi servizi che Microsoft sta fornendo attraverso il progetto JEDI e con il supporto a infrastrutture militari e di intelligence. Amazon è al momento uno dei principali fornitori di data leaks e strumenti IA per l’analisi militare della CIA e altre organizzazioni governative, per non parlare di Palantir, fondata dal mistico Pieter Thiel e ora considerata una vera e propria azienda militare digitale. È un dato di fatto che la Silicon Valley si sia spogliata delle proprie originali vesti hippy e progressiste per indossare un nuovo abito in quella che, nel dibattito pubblico, è diventata la tecnodestra. Personaggi oscuri come Thiel o sempre in camicia hawaiana e infradito come Luckey (licenziato nel 2016 da Facebook per sospetti fondi donati all’Alt-Right), oltre dall’interesse per la mitologia tolkeniana del Signore degli Anelli, sono strettamente legati da questa accelerazione verso il conflitto.
E l’Europa che fa?
Mentre oltre l’Atlantico le migliori menti del secolo fanno affari con il governo, l’Europa barcolla ancora tra vincoli e procedure. La democratica Unione Europea si muove strisciando lentamente per colpa della sua stessa struttura e per la mancanza di un chiaro orizzonte unitario politico in materia di Difesa. Anche se lo scoppio del conflitto in Ucraina ha posto all’attenzione dei vari Stati membri la questione di un progetto difensivo comune e paventato l’idea di un esercito europeo, ci sono ancora molte resistenze culturali e politiche rispetto all’uso delle tecnologie in ambito bellico. La burocrazia lenta e la mancanza di una reale visione europea sono alcuni dei principali motivi per la sudditanza politica ed economica del Vecchio Continente verso le altre superpotenze. La prospettiva della “guerra digitale” non fa eccezione. Aziende come Airbus, Leonardo, Rheinmetal, Thales o Hensoldt sono vere e proprie miniere doro per un’eventuale accelerazione europea nel campo militare e tecnologico. Investimenti pubblici più aggressivi, sostegno a start-up europee che operano nel deep tech, partnership strategiche con ESA e altre aziende spaziali, creazione di progetti comunitari integrati tra tech e difesa. Queste sono le uniche possibilità per non rimanere indietro in un settore che ci vede già fortemente svantaggiati e iniziare un processo di affrancamento totale da NATO e Stati Uniti.
Renato Vanacore