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Michele Serra difende i radical chic, ma ci sono almeno tre cose che non ha capito

by Adriano Scianca
5 comments

Roma, 6 gen – Michele Serra non ci sta. Dopo l’intervista di Repubblica a Tom Wolfe, l’editorialista del quotidiano di De Benedetti passa al contrattacco. Lo scrittore americano è infatti l’inventore dell’espressione “radical chic”, coniata dopo un party in un attico newyorkese in cui ricchissimi bianchi di sinistra raccoglievano fondi per le Pantere Nere. “Offrono champagne a quelli che li impiccheranno”, sibilò velenoso Wolfe.
Nei giorni scorsi, lo scrittore ha concesso un’intervista a Alexandre Devecchio in cui ha sostanzialmente ribadito le sue convinzioni, attaccando “una sinistra che si è ampiamente liberata di qualsiasi empatia per la classe operaia americana. Una sinistra che adora l’arte contemporanea, si identifica in cause esotiche e nella sofferenza delle minoranze, ma disprezza i redneck dell’Ohio”. C’è chi ha ironizzato: praticamente stava stroncando Repubblica dalle colonne di Repubblica, senza che al quotidiano se ne siano accorti.
Non è il caso di Michele Serra, che invece se n’è accorto e, ieri, ha guidato la riscossa dei radical chic. Ovviamente, il giornalista non può negare l’evidenza: sì, è vero, la sinistra occidentale ha perso il contatto con il popolo. Ma, spiega Serra, almeno ci ha provato. La destra, invece, no, perché per i reazionari il bifolco dell’Ohio va benissimo così com’è. La sinistra ha voluto cambiare il mondo, anche se Serra ammette che questo tentativo “abbia assunto forme irritanti o patetiche, fallimentari o ridicole”. Ma, appunto, si tratta di un’operazione colossale e grandiosa scontratasi con le proprie contraddizioni. Wolfe, invece, accetta la condizione dei poveri senza sensi di colpa, perché per la destra essa rifletterebbe “lo stato naturale delle cose”. La sinistra, quindi, fallisce perché rischia, mentre la destra vince perché accetta il mondo così com’è.
Ci sono però diverse di cose che sfuggono a Serra. La prima è che la sinistra non si è limitata a perdere il contatto con il popolo, non ha solo tentato di cambiarne le condizioni sociali incontrando uno scacco storico: no, ha proprio sviluppato un razzismo etico che la porta a disprezzarlo, questo popolo. Che una bella intuizione possa risolversi in una situazione patetica, tipo il party esclusivo per le Black Panther, ci può stare, ma qui siamo in presenza degli “amici del popolo” diventati “odiatori del popolo”. La questione, quindi, è molto più profonda e complessa. Il popolo, per la sinistra, è composto dai “deprecabili” (Hillary Clinton), dagli “sdentati” (François Hollande). Sono i vecchi, i disoccupati, i poco istruiti a cui, dopo la Brexit, fior di editorialisti progressisti volevano togliere il diritto di voto. La sinistra odia il popolo e le sue contraddizioni, odia le periferie, odia le campagne se non imbrigliate in qualche finzione agrituristica, odia la rozzezza, la rabbia, l’incoltura.
Secondo punto: la sinistra, da Marx a Michele Serra, non ha mai capito che la nazione, il radicamento, l’identità non sono meri feticci oppressivi o strumenti di “consolazione”, come scrive il giornalista, ma il patrimonio culturale più prezioso che questa gente può detenere. Il popolo smette di avere un signore quando conquista finalmente una nazione. E quindi (terzo punto) sfugge a Serra che la “nazionalizzazione delle masse” tentata nel primo Novecento, per esempio, è stata un vero fenomeno progressivo.
Non esiste, quindi, solo la destra brillante e sagace, ma conservatrice e immobilista come quella di Wolfe, esiste anche una “destra” che concepisce la questione sociale come gemella della questione nazionale, e viceversa, perché è proprio alla luce di quella fraternità comunitaria che certe diseguaglianze esacerbate diventano intollerabili. Fuori dalla nazione, c’è solo l’insieme brulicante del genere umano, a cui in genere fa appello proprio chi vuole fregare il vicino di casa.
Adriano Scianca

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5 comments

Luca 6 Gennaio 2018 - 5:25

Game set match

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cenzino 6 Gennaio 2018 - 5:32

Ottimo articolo. Continuate cosi, grazie.

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Michele Serra difende i radical chic, ma ci sono almeno tre cose che non ha capito | NUTesla | The Informant 6 Gennaio 2018 - 8:00

[…] Author: Il Primato Nazionale […]

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Raffo 6 Gennaio 2018 - 8:47

Parole sacrosante, è giunto il momento che i soloni e i pennivendoli di sinistra,o pseudo tali,si rendano conto che l’intelligenza non gli appartiene per grazia divina e che anche a destra conosciamo la cultura e la grammatica……..serra così come mauro sono due reliquie del passato, il loro pensiero bieco e rivoltante nei confronti dei ceti sociali italiani che ancora tengono a galla questo paese risulta spesso nauseabondo , principalmente quando si vuole con le buone o con le cattive educare il popolo ,portarlo sulle loro posizioni,in modo tale che l’Italia divenga un paese servo e senza spina dorsale. Queste menti sottili e viperesche di una sinistra vergognosa hanno , con la loro ipocrisia,reso il paese una fogna,una cloaca dove al peggio non c’è fine.

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blackwater 7 Gennaio 2018 - 1:45

“Il popolo smette di avere un signore quando conquista finalmente una nazione”
assolutamente e splendidamente vero; da notare che per i “compagni” il Nativo Americano che rivendica il proprio lago il proprio ruscello la propria terra come luogo esclusivo di appartenza, in quanto a questi legato ancestralmente tramite le generazioni precedenti, è un esempio che entusiasma da celebrare magari tatuandosi un “acchiappasogni” sulla spalla sinistra; se un Italiano invece rivendica la propria Terra la propria Nazione la propria Bandiera…
è semplicemente un Fascista.

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