Milano, 20 set – Adesso che il rischio di finire alla sbarra è molto alto, si dimetterà da sindaco di Milano, almeno in via precauzionale? Non ci scommettiamo un centesimo, ma se davvero il primo cittadino milanese Beppe Sala fosse coerente, almeno per una volta in vita sua, dovrebbe rassegnare le dimissioni immediatamente in attesa di fare chiarezza sul suo discusso operato.
Non si governa una città come Milano con addosso l’accusa infamante di “falso materiale e ideologico”, reati maturati nel corso della sua celebrata esperienza come amministratore delegato di Expo 2015. Tanto più se ora quelle che all’inizio erano semplici notizie di reato, sono state trasformate dalla Procura della Repubblica di Milano in richiesta di rinvio a giudizio.
La magistratura ha fatto cadere la seconda ipotesi di reato a carico di Beppe Sala, quella di turbativa d’asta, ma nulla toglie alla incompatibilità di restare al vertice del Comune di Milano. D’altra parte, per molto meno, il Partito Democratico, principale sponsor del sindaco meneghino, ha chiesto le dimissioni di molti altri rappresentanti politici (di area avversa, naturalmente).
Ma il sindaco di Milano continua imperterrito a occupare palazzo Marino interessato più a candidare la città per future Olimpiadi anziché preoccuparsi delle migliaia di immigrati clandestini che vagano come meteore impazzite per le vie di Milano. Oltre ai bivacchi ormai “istituzionalizzati” alla stazione Centrale, sotto i portici di via Vittor Pisani e nei giardini di Porta Venezia, i clandestini hanno occupato le vie del centro, in corso Italia, ad esempio, dove stazionano con materassi e brande davanti ad uffici e negozi indisturbati
I clandestini fanno quello che vogliono, compreso urinare e defecare in pubblico, spacciano, molestano e viaggiano a sbafo sui bus e sulla metropolitana senza che nessuno li ostacoli. Le periferie sono abbandonate a loro stesse ma al sindaco rinviato a giudizio, importano soltanto improbabili Olimpiadi future, deporre corone di fiori ai partigiani (e solo a loro), far sfilare gli immigrati in segno di solidarietà, anche a costo di paralizzare il centro della città come avvenuto la scorsa settimana per una manifestazione di protesta contro quanto sta avvenendo in Birmania.
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