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“Morte Bianca”: Simo Häyhä, il cecchino flagello dei sovietici sul fronte finlandese

by La Redazione
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Helsinki, 17 dic – Ricorre oggi l’anniversario della nascita di Simo Häyhä, cecchino ed eroe nazionale finlandese divenuto una celebrità durante la seconda guerra mondiale per il suo impegno nel bloccare l’avanzata dell’Armata Rossa.

Nato da una famiglia contadina in un paesino ai confini con la Russia, Häyhä prese le armi all’età di 20 anni circa arruolandosi nelle forze armate finlandesi. Fin da subito si rivelò un fenomeno con il fucile di precisione: durante la Guerra d’Inverno contro l’Unione Sovietica falciò circa 700 soldati russi (le cifre sono, secondo i dati dell’epoca, a ribasso). Le fonti lo descrivono come un portento anche con le mitragliatrici. Alla fine del conflitto “collezionò” quasi 800 uccisioni, il numero più alto raggiunto da un solo uomo in qualsiasi guerra combattuta con armi da fuoco. Paziente come un predatore riusciva a resistere per ore sotto la neve sopportando anche il “Grande Gelo” finlandese, un clima che può scendere anche a 40 gradi sotto zero.

Il Mosin – Nagant divenne il fedele compagno di quest’eroe finnico, un fucile russo in dotazione all’esercito zarista sul fronte tedesco. Quello di Häyhä non era la versione comunemente usata dalle truppe ma una “edizione speciale” modificata da lui stesso.

L’evento che rese Simo famoso in tutto il mondo e che ne sancì la fama di macchina da guerra fu la battaglia del fiume Kolla, un luogo da lui frequentato fin dall’infanzia: 550 soldati circa trovarono la morte sotto i colpi del suo fucile. Simo era molto agile nei movimenti, non portava appresso altro se non lo stretto necessario: il fucile, la mitragliatrice con le correlate munizioni, una razione di cibo che bastasse per un giorno intero e un mantello color neve per potersi riparare dal freddo ma grazie al quale, anche, si poteva mimetizzare perfettamente ed essere ancora più letale. Essendo poi di piccola statura era ancora più difficile individuarlo. Per i sovietici la morte arrivava da qualunque direzione.

Häyhä disdegnava l’uso del mirino telescopico, usava le tacche del suo fucile per regolarsi. Il riflesso del telescopio ne avrebbe tradito il nascondiglio. Gli venne chiesto come faceva a colpire i suoi avversari in maniera così precisa e ad una distanza di circa mezzo chilometro (senza mirino ricordiamo), lui rispose “facendo pratica” come fosse la cosa più naturale del mondo. Per lui forse si che, fin da piccolo aveva cacciato alci e altri animali nella taiga.

Häyhä è considerato una figura innovativa nel mondo della guerra anche per la tecnica da lui utilizzata per appostarsi; non si “appollaiava” sugli alberi come gli altri cecchini finlandesi (i cucù) ma preferiva distendersi al suolo e “spianava la neve davanti la canna del fucile” cosicché quando sparava la neve “non si alzava” come lui stesso insegna. Per evitare la condensa del suo respiro, e quindi una facile individuazione da parte del nemico, era solito mettersi in bocca la neve per raffreddare così il calore del fiato. Escamotage assolutamente strani quanto efficaci.

Le fonti sovietiche raccontano di soldati dispersi, altri trovati morti tra i boschi della Finlandia, altre volte era l’intero battaglione che veniva decimato se non annientato completamente. La paura alimentò le favole e le storie di mostri e creature mitologiche che abitavano quelle zone remote del mondo. Tra le file dell’Armata Rossa acque allora il mito della “Belaya Smert” ossia della “Morte Bianca”, ancora non sapevano di chi o di che cosa si trattasse ma di una cosa erano certi: andava annientato. Bombardarono allora a tappeto il bosco ma non riuscirono a stanarlo. Simo venne ferito da una bomba d’artiglieria che gli procurò la frattura della mandibola. Il soldato venne portato d’urgenza in ospedale e fu salvato miracolosamente dopo 11 giorni di coma anche se riportò sul suo volto, da allora per sempre sfigurato, le conseguenze del suo coraggio.

Quando cessarono le ostilità, l’esercito russo aveva perso 125 mila uomini circa a fronte dei 20 mila finlandesi caduti. “Ho fatto quello che mi hanno chiesto, al meglio che ho potuto”: queste le sue parole in merito a ciò per cui divenne famoso.

Simo Häyhä si ritirò a vita privata dopo essere stato dimesso dall’ospedale e dopo essere stato decorato con 5 medaglie al valore. Si dedicò, fino alla morte nel 2002, a ciò che aveva sempre fatto fin dall’infanzia: coltivare, allevare cani e, ovviamente, cacciare alci con il suo fedele compagno fucile.

Tommaso Lunardi

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