Roma, 17 dic – Può sembrare paradossale, ed effettivamente lo è, ma oggi la maggior parte dell’arte del presente, o meglio dire contemporanea, è spesso poco percepita dal pubblico e dai critici imparziali come arte con la A maiuscola. Sebbene gli affezionati al settore siano in aumento, così come le mostre, i vernissage, le fiere, una grossa fetta di spettatori preferisce ancora restare sulla soglia e non inoltrarsi appieno nel contemporaneo, probabilmente considerandolo un universo troppo contorto, poco cristallino, nebuloso e privo di pura sostanza: troppa provocazione fine a sé stessa o in alternativa al solo mercato. Performance e ammennicoli interattivi in nome di pseudo cause già demodé nei lontani anni ’70, figurarsi nel ventunesimo secolo. In sintesi una generazione e una produzione oramai autoreferenziale, arroccata nella propria torre d’avorio e che nulla ha da comunicare se non qualche giochetto dissacrante e banalmente scabroso.
Il risultato di anni di lavoro ed esposizioni internazionali è una produzione di grande qualità e soprattutto di personalità. Troppo semplice, infatti, etichettare il suo codice espressivo come “minimalista”. Quella di Gusmaroli è una ricerca estetica raffinata e profonda oltre che piacevole allo sguardo anche dei più profani. Il suo tratto sinuoso e leggero viene espresso al meglio in quest’ultimo decennio nelle “Barchette”, vortici di piccoli vascelli di carta che con ricercata semplicità richiamano l’origami giapponese e tutto il concetto di viaggio, avventura, azione all’insegna d’una leggerezza delicata e rituale.
Non solo barchette ma anche uova ricamate e traforate, lampadari di cristallo con le gocce dipinte da mille pittorici barbagli, fiori di carta, foto piegate come tappeti di stelle, estroflessi che ipotizzano nuove morfologie vulcaniche, carte nautiche con mari increspati e altro ancora.
Continuare a scommettere su Gusmaroli è una pratica caldamente consigliata sia ai migliori galleristi che ai collezionisti più raffinati.
Alberto Tosi
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Può sembrare pardossale, ma questo mediocrissimo articolo mi sembra un pompino piuttosto che un testo di critica. Quanto ti hanno pagato Tosi? Trenta euro? Trentacinque?
Io suppongo meno di Gherardino, giornalista di La Repubblica-L’Espresso-Sorgenia-Cyr, se non erro…Molto meno…no?