Roma, 17 dic – Può sembrare paradossale, ed effettivamente lo è, ma oggi la maggior parte dell’arte del presente, o meglio dire contemporanea, è spesso poco percepita dal pubblico e dai critici imparziali come arte con la A maiuscola. Sebbene gli affezionati al settore siano in aumento, così come le mostre, i vernissage, le fiere, una grossa fetta di spettatori preferisce ancora restare sulla soglia e non inoltrarsi appieno nel contemporaneo, probabilmente considerandolo un universo troppo contorto, poco cristallino, nebuloso e privo di pura sostanza: troppa provocazione fine a sé stessa o in alternativa al solo mercato. Performance e ammennicoli interattivi in nome di pseudo cause già demodé nei lontani anni ’70, figurarsi nel ventunesimo secolo. In sintesi una generazione e una produzione oramai autoreferenziale, arroccata nella propria torre d’avorio e che nulla ha da comunicare se non qualche giochetto dissacrante e banalmente scabroso.
Effettivamente i segnali captabili dalle realtà nazionali e internazionali difficilmente suggeriscono chiavi di lettura più ottimistiche. Tuttavia, anche nel gran calderone della scena attuale non tutto è deprecabile, per fortuna. Un Italiano che dimostra la metà mezza piena del bicchiere dell’ambiente è il veronese Riccardo Gusmaroli, classe 1963; artista poliedrico attivo a Milano, in cui il concettualismo di Boetti incontra lo spirito di Piero Manzoni. Dopo aver iniziato la sua attività artistica come fotografo, nel 1998 tiene una collettiva alla Galleria Cà di Frà di Milano con Damien Hirst, Konrad Klapheck, Tano Festa e Mauro Benetti.
Il risultato di anni di lavoro ed esposizioni internazionali è una produzione di grande qualità e soprattutto di personalità. Troppo semplice, infatti, etichettare il suo codice espressivo come “minimalista”. Quella di Gusmaroli è una ricerca estetica raffinata e profonda oltre che piacevole allo sguardo anche dei più profani. Il suo tratto sinuoso e leggero viene espresso al meglio in quest’ultimo decennio nelle “Barchette”, vortici di piccoli vascelli di carta che con ricercata semplicità richiamano l’origami giapponese e tutto il concetto di viaggio, avventura, azione all’insegna d’una leggerezza delicata e rituale.
La creatività di Gusmaroli evita i pasticci dell’odierna industria artistica più spaccona e votata a concettualismi noiosi nella loro logora effimerità. Serietà e gioco dialogano con maestria, come negli arabeschi sinuosi che catturano con musicalità di forma l’attenzione dello spettatore: cura del dettaglio, dell’insieme e dell’idea per opere di notevole finezza, grazie ad accostamenti puliti, bilanciati e soprattutto graziosi, nel senso vero del termine. Un’eleganza rara che interessa il contemporaneo ma va anche incontro al gusto più tradizionale e meno avvezzo all’estrema modernità. Dopotutto è prerogativa dei beni di qualità mettere d’accordo anche palati generalmente diversi.
Non solo barchette ma anche uova ricamate e traforate, lampadari di cristallo con le gocce dipinte da mille pittorici barbagli, fiori di carta, foto piegate come tappeti di stelle, estroflessi che ipotizzano nuove morfologie vulcaniche, carte nautiche con mari increspati e altro ancora.
La consacrazione arriva nel 2010. Dopo ottime mostre tenute a Milano, Monza, Torino, Parigi e New York, la Galleria Spazia di Bologna celebra i suoi 30 anni di attività con la personale “DERIVE”. Allo stesso tempo, quindi, viaggi immaginari possibili e impossibili della fantasia tutta italiana d’un artista eleggibile a titolo di mosca bianca, non solo nella penisola, ma anche, senza bisogno di falsi entusiasmi, a livello internazionale.
Continuare a scommettere su Gusmaroli è una pratica caldamente consigliata sia ai migliori galleristi che ai collezionisti più raffinati.
Alberto Tosi
2 comments
Può sembrare pardossale, ma questo mediocrissimo articolo mi sembra un pompino piuttosto che un testo di critica. Quanto ti hanno pagato Tosi? Trenta euro? Trentacinque?
Io suppongo meno di Gherardino, giornalista di La Repubblica-L’Espresso-Sorgenia-Cyr, se non erro…Molto meno…no?