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Parigi in fiamme dopo la finale: il miglior spot per il referendum

by Sergio Filacchioni
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Parigi

Roma, 2 giu – Mentre in Italia la sinistra e la CGIL promuovono per l’8 e il 9 giugno un referendum che punta alla cosiddetta cittadinanza facile, l’altro ieri notte a Parigi è andato in scena il più eloquente spot contro quel progetto: la realtà.

Parigi, il terzo mondo festeggia saccheggiando tutto

A seguito della vittoria del Paris Saint-Germain contro l’Inter nella finale di Champions League, la Francia è sprofondata – di nuovo – nel caos. Altro che “festa popolare” o “caroselli di gioia”: il bilancio è da bollettino di guerra. 599 arresti in tutto il Paese, di cui 491 solo a Parigi, 192 feriti, tra cui 22 agenti delle forze dell’ordine, una donna uccisa nella capitale, travolta da un’auto impazzita, e un ragazzo di 17 anni accoltellato a morte a Dax. A Grenoble, un’auto ha travolto un’intera famiglia durante i festeggiamenti. Il ministro dell’Interno francese Bruno Retailleau ha definito i responsabili dei disordini “barbari”. Un termine più che adeguato, che fotografa il fallimento totale del sogno multiculturale, e la trasformazione di intere metropoli europee in zone franche del degrado. A Nantes un autobus distrutto. A Parigi, interi quartieri dati alle fiamme. Vetrine assaltate, saccheggi, violenze gratuite. E no, non sono “pochi facinorosi”, come ama ripetere chi vuole sempre minimizzare o spostare le colpe sul tifo organizzato: quello che è successo sarebbe successo in ogni caso, che il PSG avesse vinto oppure no. Se importi il terzo mondo, diventi il terzo mondo. E in Francia, questa verità è ormai evidente a tutti.

La sinistra cerca di spingerci nella stessa direzione

Mentre la Francia raccoglie i cocci del proprio fallimento sociale e identitario, in Italia la sinistra cerca di spingerci nella stessa direzione, con uno dei più furbi e pericolosi inganni politici degli ultimi anni. Sotto la copertura di quattro quesiti “sul lavoro” – che, curiosamente, nessuno a sinistra ha difeso seriamente quando governava – si nasconde il vero obiettivo del referendum: la cittadinanza facile. Il quinto quesito, infatti, propone di ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza per ottenere la cittadinanza italiana. Una norma che, se approvata, regalerebbe il passaporto a oltre due milioni di persone. E, naturalmente, due milioni di potenziali nuovi voti. Sembra chiaro a chiunque che questo non è un referendum per i diritti. È una manovra per ridisegnare il corpo elettorale del Paese. Una cittadinanza “a comando”, utile a chi non riesce più a conquistare il consenso degli italiani e cerca nuovi votanti altrove. Il meccanismo è evidente: i quesiti sul lavoro servono ad attrarre attenzione, stimolare la partecipazione e superare il quorum. Ma il premio vero è il quinto quesito, il cavallo di Troia della cittadinanza facile, che la sinistra vorrebbe far passare sotto silenzio.

Non pensarci troppo, vai al mare

Ma c’è di più. Fa specie vedere il Partito Democratico, oggi paladino di questo referendum, sostenere con entusiasmo l’abrogazione (o sarebbe meglio dire ridefinizione) del Jobs Act, ovvero quella stessa riforma che ha scritto, votato e difeso quando era al governo. Nessuna riflessione, nessuna autocritica: solo un ribaltone tattico per inseguire un tornaconto elettorale. E la CGIL? In questi anni ha continuato a dialogare con i promotori del Jobs Act, e oggi, senza alcuna coerenza, si presenta come il baluardo “anticapitalista” pronto a restituire dignità al lavoro. Una narrazione artificiale, costruita solo per legittimare la vera partita: regalare la cittadinanza a chiunque bussi alla porta. Il prossimo fine settimana vai al mare, porta con te amici e famiglia. Ma tieni gli occhi aperti. Le prove di quanto sia pericoloso concedere la cittadinanza senza criterio le vedi tutti i giorni. Basta guardare. Basta ascoltare. Basta non farsi fregare. Parigi è un avvertimento. Il referendum è un trucco.

Sergio Filacchioni

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