Roma, 14 set – Era il 14 settembre del 1944 quando il giornalista e scrittore Robert Brasillach si consegnava spontaneamente alla prefettura di polizia di Parigi. Dal 25 agosto era stata imprigionata – senza alcun capo d’accusa – sua madre. Un vecchio trucco utilizzato dalle peggiori polizie del mondo – e anche da quella della Francia ‘liberata’ – per costringere qualcuno a costituirsi. Nei confronti di Brasillach non vi è nemmeno un mandato d’arresto, ma verrà immediatamente condotto al campo di Noisy le Sec, e il successivo 15 ottobre al carcere di Fresnes, dove in pochi mesi scriverà un saggio su André Chenier, il testamento spirituale Lettera a un soldato della classe 40, i Fratelli Nemici, e infine la raccolta di poesie conosciuta come Poemi di Fresnes.
Brasillach è sostanzialmente accusato di quella che è universamente conosciuta come intelligenza col nemico e che nel caso francese verrà definita dalla vulgata come collaborazionismo (“In Francia nel 1940 c’erano 40 milioni di collaborazionisti”, ebbe a dire sarcasticamente nel dopoguerra un altro celebre scrittore che aveva ricevuto la medesima accusa, Louis Ferdinand Céline). A suo carico, in particolare, una serie di articoli scritti per Je suis partout, giornale del quale lo scrittore francese è collaboratore dal 1931 e di cui nel 1937 è diventato caporedattore. Il giornale aveva proseguito le pubblicazioni anche durante l’occupazione tedesca e il governo di Vichy. Brasillach aveva infatti continuato la collaborazione con esso anche durante la sua prigionia in Germania nella primavera del 1940.
A Charles de Gaulle verrà consegnata una richiesta di Grazia nei confronti del collabo firmata dai maggiori scrittori, artisti e intellettuali francesi, molti dei quali antifascisti. Tra questi vanno menzionati Paul Valéry, Paul Claudel, François Mauriac, Daniel-Rops, Albert Camus, Marcel Aymé, Jean Paulhan, Roland Dorgelès, Jean Cocteau, Colette, Arthur Honegger, Maurice de Vlaminck, Jean Anouilh, André Barsacq, Jean-Louis Barrault, Thierry Maulnier. Nonostante l’imponente mobilitazione delle migliori intelligenze di Francia nei confronti di Brasillach, De Gaulle rigetterà la richiesta di grazia. Molte le congetture fatte a proposito di un atteggiamento così rigoroso da parte dell’uomo simbolo della resistenza francese. Tra queste degna di segnalazione quella del noto giornalista e scrittore Jean Lacouture, secondo il quale “qualsiasi cosa ne pensasse (della grazia, ndr), De Gaulle non poteva opporsi a tutte le esigenze dei comunisti, che costituivano un terzo del potere, senza trarne svantaggi. Questi esigevano la testa di Brasillach“.
A questo proposito, giova ricordare che nel 1943, Robert Brasillach aveva raccontato, come corrispondente speciale sul posto per Je suis partout, l’orrore di quello che passerà alla storia come il ‘Massacro della foresta di Katyn’, che vide l’esecuzione di massa nel 140, da parte dei sovietici, di 30.000 civili e soldati polacchi. Brasillach aveva potuto visionare insieme al collega Claude Jeantet, con l’autorizzazione dei tedeschi, le prove dell’atroce massacro sovietico, comprese le fosse dove erano state seppelite le vittime. Di questo crimine, i sovietici intesero scaricarsi la responsabilità attribuendolo ai tedeschi, e solo nel 1989 a comunismo caduto studiosi sovietici rivelarono finalmente la responsabilità di Stalin e del governo URSS che Brasillach aveva raccontato ai suoi lettori nel 1943. Nel 1990 arrivò anche il riconoscimento ufficiale di responsabilità da parte di Michael Gorbaciov. Certamente però si trattava di una testimonianza scomodissima per i sovietici al tempo dell’arresto dello scrittore francese.
Dopo mesi di prigionia, all’alba del 6 febbraio Brasillach verrà fucilato al forte di Montrouge. I colpi del plotone d’esecuzione lo freddarono pochi secondi dopo aver gridato “Viva la Francia”. Circa 10 mesi prima, il 15 aprile del 1944, un gruppo di gappisti avevano assassinato a Firenze il filosofo italiano Giovanni Gentile. Nei confronti degli uccisori dei due scrittori europei pesa il medesimo anatema lanciato decenni prima da Isidore Lucien Ducausse: “Non basterà tutta l’acqua del mare, a lavare una goccia di sangue intellettuale”.
Cristiano Coccanari