Roma, 26 mar- Le polemiche sulle nuove Indicazioni nazionali per l’insegnamento della storia dimostrano come la scuola sia da sempre un campo di battaglia ideologico. La sinistra, che per decenni ha plasmato l’istruzione con una visione decostruzionista, ma dicendosi “oggettiva”, oggi accusa il governo di voler “colonizzare” la manualistica scolastica con una narrazione nazional-conservatrice. Ma la vera questione è un’altra: la storia serve a costruire un’identità o a smantellarla?
La storia forma l’identità
Per anni, la scuola italiana ha proposto un approccio critico alla storia, spesso enfatizzando le colpe del passato piuttosto che i successi della Nazione. Questo ha portato a una generazione che conosce di più i “crimini del colonialismo” italiano che il Risorgimento, che conosce bene i lati oscuri del XX secolo ma fatica a riconoscere i momenti di orgoglio e unità nazionale. Ora, il governo cerca di riequilibrare questa visione, non certo di sconvolgerla come dovrebbe in effetti fare, dando più spazio agli elementi identitari e alla continuità storica che ha portato alla nascita della Repubblica e della Costituzione. L’accusa più forte rivolta al ministro Valditara è quella di voler sorvolare sul fascismo, saltando direttamente dalla fine dell’Ottocento alla Repubblica. È una semplificazione polemica, ma il vero punto è che la storia è sempre una versione dei fatti, e ogni governo ha cercato di indirizzarla secondo la propria visione del mondo. Il problema, quindi, non è tanto “cosa” viene insegnato, ma con quale scopo. La sinistra ha usato la storia per frammentare il concetto di nazione e promuovere un internazionalismo privo di radici: il suo nemico non è la forma d’insegnamento e nemmeno il nozionismo, ma l’identità che scavalca l’antifascismo permanente. Quindi ostacola chi oggi vuole ricostruire una materia quanto meno credibile. E osteggia chi tocca il “loro” modo di raccontare la storia. Un modo formalmente accademico, utopistico perchè crede di dover formare tanti piccoli storici sulle fonti, ma sostanzialmente sterile.
Basta con i sensi di colpa
La scuola dovrebbe formare cittadini consapevoli, capaci di leggere il passato senza pregiudizi e senza complessi di colpa. Ma soprattutto la storia come qualsiasi altra materia deve “servire”, non tanto in termini utilitaristici ma quanto in termini di obiettivi e missione. Qual è il ruolo storico dell’Italia di ieri e quindi di domani? Qual è il suo posto nell’Europa? Qual è la sua missione civile? A questi quesiti dovrebbe rispondere una revisione dell’insegnamento della storia. In ogni caso se bisogna scegliere tra un’educazione che rafforza il senso di appartenenza e una che lo erode, la risposta è chiara: una nazione senza radici è una nazione senza futuro.
Sergio Filacchioni