Roma, 19 mar – I tempi della politica non sono quelli del business. Mentre dobbiamo aspettare venerdì per iniziare a capirci qualcosa degli “inciuci” in Parlamento, sono in atto dei grandi cambiamenti in asset strategici. Non parliamo soltanto del matrimonio in fretta e furia con miliardi di “buffi” in dote tra Ferrovie e Anas, ma soprattutto della guerra tra Vivendi ed Elliott per accaparrarsi Tim. Uno scontro tutto finanziario che però decide le sorti di un settore centrale dello sviluppo nazionale.
Come lamentato anche dal segretario della Cisl, Annamaria Furlan, la lotta tra Vivendi – primo socio di Telecom con il 23,9% del capitale – e il fondo Usa Elliott, aggrressivo nella sua scalata a Tim, “è un problema grosso per la nazione”. Ma l’operazione è in atto. Per di più, c’è chi dice che Elliott sia accreditato sopra il 5% e che i soliti “boiardi di Stato” – uno su tutti, l’ex amministratore delegato di Enel ed Eni Paolo Scaroni – potrebbero essere dietro alla scalata per sparigliare le carte del nuovo assetto manageriale di Tim, che ora ruota sul Ceo franco-israeliano Anos Genish.
Insomma, il business non si ferma e se almeno apparentemente gli equilibri del duo Renzi-Berlusconi risultano congelati è pur vero che ad oggi la politica non è in grado di accelerare i tempi di un ripristino della cosiddetta stabilità.
Adolfo Spezzaferro
Tim: la scalata dell'americana Elliott e l'impotenza della politica italiana
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