Bruxelles, 18 ott – Le trattative per il Ttip rischiano di arenarsi per le distanze emerse sul trattamento dei dati personali dei cittadini europei. È quanto ha dichiarato l’ambasciatore americano presso l’Unione Europea, Anthony Gardner, a pochi giorni dalla sentenza della Corte Ue che ha di fatto cancellato l’accordo Safe Harbour: “senza il flusso di dati dall’Ue agli Usa non si avrà mai l’accordo sul libero scambio”.
A tale attrito, certamente non secondario, vanno poi aggiunte le distanze esistenti nel settore agroalimentare, con la Ue che mostra ancora un atteggiamento ambiguo nei confronti degli Ogm made in Usa, e nella gestione dei contenziosi fra aziende e Stati nazionali. In questo caso l’Unione rimane contraria all‘Investor-State Dispute Settlement (ISDS) che permetterebbe alle aziende di portare gli Stati di fronte a una corte arbitrale, qualora questi ultimi attraverso la normale attività legislativa dovessero creare un pregiudizio di business ai privati. Risarcimenti miliardari e dietrofront legislativi, quando non piena immobilità su determinate materie, sarebbero all’ordine del giorno.
A margine del via libera all’analogo Ttp, il patto fra Stati Uniti e diversi Paesi del Pacifico (Cina esclusa) che influirà sul 40% degli scambi mondiali, la Commissione Europea incaricata dal Parlamento per i negoziati non sembra minimamente intenzionata a rinunciare all’intesa. Nonostante le imponenti proteste degli ultimi giorni a Berlino e Bruxelles, il commissario Ue al commercio, Cecilia Malmström, ha ricordato in un’intervista al The Indipendent che l’impegno per la conclusione dei negoziati sul Ttip non è in discussione, sottolineando candidamente che il Direttorato del commercio dell’Unione “non risponde a un mandato dei cittadini europei”.
Più chiaro di così si muore. Ed è proprio in questo quadro che le dichiarazioni di Gardner andrebbero intese, più come un invito formale a superare l’impasse sulla privacy che un allarme sull’effettivo esito delle trattative. Prima o poi il Ttip arriverà, probabilmente già entro il 2017 quando Obama terminerà il suo secondo mandato, portando a casa l’ennesimo atto di sottomissione del vecchio continente.
Armando Haller