Roma, 29 feb – Dall’Inghilterra, fresca di Brexit, ecco giungere i risultati di un sondaggio che mette in luce tristi verità inerenti il mondo dell’arte. Il sito specializzato Arts Professional ha pubblicato i risultati di uno studio riguardante lo stato della libertà nell’arte e nella cultura, svolto dalla direttrice del sito stesso, Liz Hill.
Libertà di parola? Non nel mondo dell’arte
Il titolo dell’indagine è particolarmente significativo e non lascia spazio a eventuali fraintendimenti: «Free to speak? Not if you work in the arts». Il dato che ne scaturisce non è molto confortante. A quanto pare, infatti, risulta che 8 persone su 10 operanti nel settore siano sicure che rendere note opinioni controverse possa portare ad un progressivo e veloce ostracismo professionale o ad essere vittime di intimidazioni. Per la serie: hai idee in controtendenza ma tieni al tuo lavoro? Tieni la bocca chiusa, è meglio.
Sempre in base all’indagine, occorre precisare che avere un pensiero difforme, e quindi, in virtù di ciò, punibile, non significa meditare sul desiderio di voler attentare all’incolumità dei propri connazionali o comunque avere l’intenzione di macchiarsi di chissà quale efferatezza, semplicemente può voler dire essere banalmente “di destra”, sovranisti o magari conservatori sostenitori della Brexit. A maggior ragione, lo stesso biasimo deve essere ugualmente diretto nei confronti di chi si dimostra critico nei confronti dell’Unione Europea, dell’Islam o dell’ideologia Lgbt.
Pensiero dominante
In questo modo, insomma, all’artista viene impedito di manifestare liberamente le proprie idee e all’opera d’arte, per essere accettata, viene imposto di seguire una determinata corrente, considerata buona e giusta in quando piegata alla logica del Politicamente Corretto. Arte ridotta, quindi, a cassa di risonanza del pensiero dominante, depotenziata e ingabbiata.
Un’autentica contraddizione se si pensa al fatto che l’arte in quanto tale, per essere libera, deve necessariamente essere fuori dagli schemi e non imbrigliata da logiche politiche che la ridurrebbero a mera propaganda.
Ecco quindi che la concezione di arte sterilizzata parte proprio da quella sinistra, autoproclamatasi unica portatrice dell’egemonia cultura e dopata da quello sterile slogan: non esiste una cultura di destra. Il dato, forse anche più allarmante, rivelato da Arts Professional consiste inoltre nella condotta di omertà e di autocensura indotta, non da istituti culturali o gallerie d’arte sventolanti bandiera rossa, ma dagli artisti stessi che temono rappresaglie o boicottaggi da parte di colleghi. Proprio gli artisti preferiscono mantenere il becco chiuso anche quando si parla di finanziamenti: il 70% delle persone, oggetto del sondaggio, ha dichiarato di non criticare un finanziatore per il timore di fermare gli investimenti futuri. Il 40%, invece, ha ammesso di essere stato messo sotto pressione, da parte dei finanziatori, per aver parlato di come veniva investito denaro nel mondo dell’arte. In definitiva, se questo è lo stato dell’arte, verrebbe da mettersi le mani in volto ed urlare come il famoso quadro di Edvard Munch.
Alessandro Boccia
1 commento
Bellissimo articolo. Almeno un tema nuovo in un mare di cose dette e ridette.
Confermo ogni parola, io provengo dall’ambiente artistico accademico,ed è là, dove ogni pensiero non inerente alla politica di sinistra viene reciso sul nascere, dove vieni punito se non adotti un pensiero conforme.
Superato il periodo universitario, e poi entrando in quello lavorativo ho visto anche di peggio…
Congratulazioni