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Diabolik, l’antieroe di cui abbiamo ancora bisogno

by Marco Battistini
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Roma, 1 nov –

Roma, 1 nov – Sessantadue anni di Diabolik, antieroe italiano ideato nei primi anni sessanta da una felice intuizione delle sorelle Giussani. Uscito nelle edicole il primo novembre 1962 il “Re del terrore”, capofila del fumetto nero tricolore, avrebbe ancora tanto da insegnare ai suoi connazionali.

Le sorelle Giussani

Per capire chi è Diabolik dobbiamo partire dalle sue origini – per così dire – umane, in carne ed ossa: Angela Giussani, classe 1922, e la sorella Luciana, di sei anni più piccola. Figlie della borghesia milanese del primo dopoguerra, crescono in un ambiente stimolante. Due profili ribelli e brillanti: la maggiore, ad esempio, pratica sci ed equitazione. Consegue quindi il diploma magistrale approfondendo la figura del pensatore tedesco Immanuel Kant.  

Dalla città più europea d’Italia alla piccola Cervia e ritorno. Qui Angela, nella classica cotta presa sulla riva del mare – o forse no, perché è l’incontro che le cambierà la vita – conosce il vulcanico Gino Sansoni. Le Giussani torneranno con la famiglia sotto la Madonnina, l’esuberante squadrista (in camicia nera appena quattordicenne, abbandonerà la politica nel secondo dopoguerra) raggiungerà i Navigli per investire nel settore pubblicitario e successivamente nell’editoria. Amore e lavoro si intrecceranno, per poi dividersi, con le sorelle che daranno vita, appunto, al grande successo che conquisterà il tempo e lo spazio. Oltre novecento numeri, traduzioni pubblicate in Europa, Africa e nelle Americhe.

Diabolik, un antieroe al di là del bene e del male

Fatte le dovute premesse, eccoci a Diabolik, il nostro antieroe. Dalla carta alla pellicola, che il fumetto abbia avuto quattro trasposizioni cinematografiche non può essere un caso. Come già fatto notare su queste pagine da Carlomanno Adinolfi il protagonista sul grande schermo “non è affatto l’antieroe edulcorato che si è visto nei fumetti negli ultimi decenni, è anzi lo spietato criminale senza scrupoli dei primissimi numeri degli anni ’60. Eppure, non è malvagio o crudele come un banale villain da fumetto Marvel odierno, poiché è totalmente inascrivibile ad alcun concetto morale di bene o male”. Qui, insomma, si tende al superuomo.

Nato nel formato tascabile con l’intento di essere una lettura veloce e disimpegnata, le caratteristiche del bandito più longevo d’Italia ne tratteggiano però un profilo del tutto particolare. È un ladro, qualche bacchettone giustamente obietterà. Uccide, se costretto dal procedere degli eventi. Ma non è questo il punto perché – oggi come sessant’anni fa, nei fumetti come nei film – la violenza alla fine vende sempre. Ci preme piuttosto sottolineare la rigida disciplina che norma le personalissime leggi interiori di Diabolik: l’onore, l’attenzione verso i deboli, la giusta riconoscenza, la considerazione per chi d’animo nobile.  

Oltre i “normali” limiti

Vive nell’illegalità, è vero. Ma al contempo avversa le tipologie più ripugnanti dell’essere umano (mafiosi, narcotrafficanti, strozzini). Eccellenze cognitive al servizio della prestanza fisica e viceversa. Preciso gemmologo e abile meccanico, poliglotta e praticante di arti marziali. Conosce la chimica, sa usare le armi bianche, è dotato di eccellente memoria. Discorso a parte meriterebbe poi la dolce metà, ovvero Eva Kant. Bellissima e mai volgare. Donna sì pericolosa (come si autodefinisce) ma ambiziosa, testarda, pragmatica e determinata: nel contesto di una coppia solidissima arriverà a brillare di luce propria. Al di là del bene e del male, oltre ogni etichetta, Diabolik è l’antieroe – tutto italiano – di cui abbiamo ancora bisogno. 

Marco Battistini

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