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Sconfiggere l’uomo residuo per far rinascere l’Europa

by Marco Battistini
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Roma, 1 gen – Essere nel mondo senza essere del mondo. Massima forse inflazionata, ma quantomeno sempre valida. Almeno per chi ha imparato a cercare dentro se stesso gli anticorpi per quest’epoca grigia. Appunto cosa c’è là fuori? Impera il politicamente corretto, con la sua propaggine principale: la cancel culture. Quindi c’è morte, in particolare del nostro concetto di Europa. Tutti argomenti trattati, approfonditi e analizzati nel libro “L’uomo residuo” di Valerio Savioli.

La Germania post 1945 

Per stessa ammissione dell’autore riminese, il volume, pubblicato dalla casa editrice Il Cerchio, è frutto di uno studio (almeno) decennale. Lavoro denso, ma mai ridondante: appunti storici, meccanismi economici, equilibri geopolitici e risvolti sociali descritti in una prosa asciutta che – vista l’ampia argomentazione – non fatica a riempire le quasi trecento pagine de “L’uomo residuo”.

Il quale, profeta dei dogmi politicamente corretti, ha una data e un luogo di nascita ben precisi: Germania, 1945. In una nazione ridotta in macerie, nel contesto di un “deserto fantasmagorico in cui brancolavano i sopravvissuti del conflitto e dei bombardamenti alleati” i vincitori della seconda guerra mondiale, oltre alla ricostruzione del tessuto produttivo tedesco, si interessano particolarmente alla rieducazione del popolo teutonico

Gli americani infatti “controllarono e rivoluzionarono capillarmente l’informazione. Ogni tipo di attività culturale e intrattenimento era soggetto, in base alla legge del Governo Militare di occupazione del 12 maggio 1945 al sistema delle licence”. Mentre i sovietici continuarono a ragionare per classi sociali, gli yankee puntarono tutto su quello che possiamo definire un sistema di premi individualistico. Basato, ovviamente, su comportamenti consoni al volere del padrone atlantico. 

Il frutto di uno studio decennale 

A questa prima fase rieducativa ne seguì una seconda. Ossia “il superamento del passato attraverso il senso di colpa e l’espiazione intergenerazionale”. Se vogliamo un qualcosa di molto simile a quello che ancora oggi passa per il mainstream italiano quando si parla di fascismo.

Dal tabù principe del politicamente corretto ai suoi dogmi: la “liberazione” sessuale con le tentacolarizzazioni femministe e Lgbt, la cieca religione di una scienza ideologica, le ansiose castrazioni di certo ambientalismo, il falso mito del multiculturalismo e le grandi insidie delle semplificazioni geopolitiche. 

L’uomo residuo è la negazione dell’Europa

La particolarità dell’esaustiva analisi di Savioli (che svaria dai sistemi scolastici al problema della droga, dal ruolo della pornografia a importanti casi aziendali) è l’essere una critica non liberale al sistema. Se l’individuo di per sé è sempre più depoliticizzato, con lo scorrere delle pagine ci si può rendere conto di come – al contrario – la realtà nel suo insieme sia iper-politicizzata. Ma in un solo senso: quello meno europeo possibile. Nipoti del boom economico, viviamo in una società dove – per dirla con Venner – “l’uomo è un animale economico con due funzioni: produrre e consumare”. Consumismo, non solo di beni, ma anche del prossimo. 

Tra guerre semantiche e ideologie silenzianti poniamo una domanda: siamo davvero liberi nel nostro angolino? Se da una parte passiamo sempre più tempo sui social – e conosciamo a menadito gli standard della community – dall’altra viviamo (per nostra fortuna) ancora nel reale. Eppure quella piccola parte di uomo residuo che – giocoforza – è in ognuno di noi, ci autocensura anche nel parlare con il vicino di banco o il collega di lavoro. 

Il politicamente corretto ha rettificato il pensiero, con la prospettiva di eliminarlo. La natura però non considera il vuoto: combattere l’uomo residuo significa riempire questo spazio vitale. Un campo di battaglia politico e sociale. Nazionale, quindi europeo.

Marco Battistini

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