Roma, 2 gen – Ritorna sul piccolo schermo la seconda stagione di Squid Game, l’ormai celebre serie televisiva del colosso della produzione Netflix, capace di appassionare milioni di spettatori con una passata prima edizione da record. Secondo i numeri rilasciati dallo stesso Netflix, infatti, il primo capitolo di questa saga ha accumulato oltre 1,65 miliardi di ore di visione nelle prime 4 settimane dalla sua pubblicazione. Rendendola di fatto la serie più popolare nella storia della piattaforma fino a quel momento.
Giochi mortali
La serie ruota attorno a un gruppo di persone in difficoltà economica che vengono invitate su un’isola a partecipare a una sequela di giochi per bambini. Con la promessa di un enorme premio in denaro per il vincitore offerto da un gruppo di magnati in cambio dell’intrattenimento offerto. Tuttavia, i partecipanti scopriranno in breve tempo che i giochi hanno conseguenze mortali. Infatti, chi perde viene ucciso. Oltre al puro intrattenimento, Squid Game offre però anche l’opportunità di riflettere sulle analogie sociali, etiche e filosofiche che si possono riscontrare nella società moderna.
L’elemento centrale della serie, nonché la prima analogia con la nostra realtà, è l’estrema difficoltà economica in cui versano i giocatori, subissati dai debiti. Sarà questo, infatti, il motivo principale che li spingerà a continuare a giocare (pur avendo la facoltà di uscire dopo ogni gioco con un montepremi inferiore). Nonostante la concreta possibilità di rimanere uccisi round dopo round. La libertà fisica e la vita stessa passano dunque in secondo piano rispetto alla libertà economica. Il diritto all’avere assume più importanza del diritto all’essere, tipico di ogni società propensa al consumismo e al materialismo.
L’analisi etica di Squid Game 2
Un’altra analogia con il mondo che ci circonda è riscontrabile nell’estrema competizione e nella totale mancanza di reale cooperazione tra giocatori. Per vincere l’intero ammontare del premio, infatti, è necessario che rimanga in vita un singolo partecipante. Questo elemento comporterà la nascita di importanti dilemmi morali che risulteranno spesso in una serie di tradimenti tra coloro che solo fino al gioco prima collaboravano. Andando così ad eliminare quella già poca fiducia e solidarietà presente tra i giocatori per puri fini economicistici e individualistici.
Il concetto tutto schmittiano di amico e nemico viene quindi a scomparire in funzione di una maggiore ambiguità nelle relazioni interpersonali, basata su un opportunismo sfrenato e divenuto fondamento del rapporto umano per eccellenza.
In definitiva, i giochi si presentano come la generosa opportunità di poter ripagare i propri debiti e ritornare ad essere “liberi”. Promettendo in aggiunta anche una sorta di uguaglianza formale tra i giocatori. Tuttavia, l’uguaglianza verrà presto spazzata via dalla lotta per la sopravvivenza. Solo i più forti, egoisti e fortunati riusciranno ad andare avanti. Ed i giochi stessi, con il loro generoso premio in denaro, capace di offrire libertà economica ai giocatori, altro non sono che la lineare continuazione del rapporto di sfruttamento che quest’ultimi subiscono nella loro realtà. In un contesto seppur diverso, sono costretti ad eseguire gli ordini e ad essere manipolati da chi detiene il potere economico.
Davide Guastalla