Roma, 8 set – Lodare, Benedire, Predicare tra il 1300 e il 1452: i Frati Predicatori del Tardo Medioevo come nostri contemporanei. Il libro dello storico domenicano Angelo Ottaviano Piagno fa rivivere le gesta, sempre attuali, dei Domenicani nell’Italia del Nord tra il Trecento e il Quattrocento, senza sconti o apologie. Il beneficio più grande per il lettore? Aiutarci a riscoprire il Petrarca che è in ognuno di noi.
La mappatura del Novecento italiano conosce un numero di declinazioni pressoché inesauribile. Per districarsi nella ridda infinita di gruppi, gruppuscoli o monadi, non serve accorrere sotto le insegne del «Secolo breve» (Hobsbawm) o del «Secolo sterminato» (Veneziani). Accelerate o decelerate quanto vi pare, tanto non sfuggirete al trinomio «prima, durante e dopo», fondativo di ogni epoca storica. Le radici storiche puoi negarle o fingere che non esistano ma sono là, ad indicarti da dove vieni, influenzano il nostro presente e riemergeranno, a mo’ di fiume carsico, nel futuro.
La cristianità nel quotidiano
Quale legame ha affratellato i profili così disparati di migliaia di uomini e donne che hanno conciliato il loro lavoro quotidiano con l’apostolato cristiano, si pensi all’attrice Titina De Filippo (1898-1963), al politico Giorgio La Pira (1904-1977) e allo statista Aldo Moro (1916-1978)? La vicinanza all’Ordine dei Frati Predicatori. Approvato da Papa Onorio III il 22 dicembre del 1216, nell’epoca tempestosa di fondazione di quelle città dove risiedevano, gomito a gomito, Santi e prostitute, lavoratori e delinquenti, uomini di chiesa e biscazzieri. I frati del nuovo ordine erano chiamati anche Domenicani, vuoi in onore del fondatore, il sacerdote castigliano Domingo di Guzmàn (1170-1221), vuoi in ossequio ad un’etimologia fantasiosa che ne faceva risultare il nome dai «Domini Canes», i «Cani di Dio», denominazione all’epoca dal sapore tutto elogiativo, per indicare quei frati pronti a difendere, con lo studio, l’insegnamento nelle università e la predicazione del Vangelo, la Verità cristiana fondata sugli insegnamenti della chiesa cattolica, in opposizione alle volgari strumentalizzazioni proprie di gruppuscoli pronti ad usare la religione come pretesto per seminare violenze e terrore nelle città. Domenico di Guzmàn, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino: basterebbe citare questi tre nomi per misurare il calibro umano e intellettuale di un ordine monastico che rappresentava una novità assoluta nell’Europa Tardomedievale. Nel 1244, perfino il rapimento ai danni dell’Aquinate, reclusione compresa, non riuscì a fare recedere il ventenne Tommaso dal proposito di entrare nell’Ordine dei Frati Predicatori! «Contemplari et contemplata aliis tradere».
I Domenicani tra decadenza, scisma e riforma nell’Italia del Nord dal 1300 al 1532
Trasmettere agli altri, in questo caso ai lettori, ciò che si è contemplato, in questo caso tramite ricerche d’archivio, è quanto lo storico Angelo Ottaviano Piagno realizza nel suo ultimo libro, I Domenicani tra decadenza, scisma e riforma nell’Italia del Nord dal 1300 al 1532, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2023, pp. 399, Euro 30». Dopo decenni di pubblicazioni per addetti ai lavori, il merito dell’opera è quello di dipanare, a beneficio del lettore, una matassa talmente aggrovigliata da richiedere la tripartizione del libro.
Apre il volume un’introduzione, capace di chiarire cosa intendiamo per riforma domenicana, seguita da due parti nelle quali si illustra l’organizzazione della «Provincia della Lombardia inferiore o di San Domenico», da Udine a Recanati (con buona pace di quanti associano questo borgo solo alla memoria di Leopardi) e della «Provincia di Lombardia Superiore o di San Pietro Martire», da Alessandria a Monza. Gli umanisti incalliti troveranno nelle vicende narrate più di una consonanza con la biografia di Francesco Petrarca, lacerato tra l’ottemperanza alla missione di «Santo Laico» e la realtà concreta di una Chiesa Cattolica dilaniata da lotte per il potere talmente feroci da causare, tra il 1305 e il 1377, lo spostamento della curia pontificia da Roma ad Avignone. Può essere considerata parimenti petrarchesca l’inclinazione per lo studio al fine di dare risposte ad una società, quella delle città, che si congedava dai valori feudali per abbracciare, senza remore, il credo dell’arricchimento individuale. L’autore non rifugge dalle domande scomode.
L’azione dei Domenicani non era da romanzo Harmony. A proposito dell’inquisizione, Piagno evidenzia, senza ghirigori, come nel Quattrocento, la legislazione del Ducato di Milano non si metteva mai «dalla parte dell’inquisito, chiedendosi cosa veramente pensava e perché». Cosa dire sulla mondanizzazione dell’Ordine, subentrata dal 1300? «La povertà mendicante lascia il posto alla proprietà immobiliare», chiosa l’autore scopertosi polemista. Dal Trecento alla prima metà del Cinquecento, il bilancio conclusivo della presenza dell’Ordo Praedicatorum nell’Italia del Nord è pienamente soddisfacente vuoi sul piano qualitativo vuoi sull’aspetto quantitativo. Risale all’Età Tardomedievale la fondazione di quattro nuovi istituti di formazione domenicana a Genova, Milano, Pavia, Torino, l’espansione di tre conventi di storica fondazione a Bologna, Padova e Verona, la proclamazione di tre nuovi santi, rispondenti ai nomi di Giacomo Benfatti (1250-1332), Marcolino da Forlì (1317-1397) e Imelda Lambertini (1320-1333). Grazie alla conoscenza di una simile squadra da Champions, affrontare la partita difficilissima, lunga una vita, per conquistare il trofeo chiamato Paradiso, ci fa sentire in compagnia di quanti, con sette secoli di anticipo su di noi, hanno vinto contro gli attacchi reiterati delle più indemoniate formazioni, composte da maligni di tutte le risme. All’insegna del «Lodare, Benedire, Predicare la Verità», motto che adorna lo stemma dell’Ordine dei Predicatori, i Domenicani costituiscono oggigiorno una realtà vivace, presente con le sue istituzioni in oltre 80 nazioni nei cinque continenti. La riattualizzazione del messaggio domenicano è tanto facile a dirsi quanto difficile ad attuarsi: ieri come oggi, ci si salva dalla distruzione procedendo insieme. «Arricchire il mondo». Nel 1215, agli albori di una storia lunga otto secoli e globale ante litteram, Domenico di Guzmàn spronava i suoi confratelli a dare il massimo in quel campo (minato) chiamato mondo urbano: quando finiremo di equiparare le potenzialità salvifiche dell’essere valorizzati in una comunità, all’inferno di essere annullati in un collettivo?
Marco Leonardi