Roma, 23 mag – Sono dati impietosi, allarmanti e al contempo già di per sé drammatici, quelli comunicati oggi dalla Cgia di Mestre. In Italia in appena tre mesi hanno chiuso circa 11mila aziende artigiane, dato fortemente negativo ma in linea con i tre anni precedenti nello stesso arco temporale. Adesso però, senza aiuti concreti da parte del governo (al momento parliamo di un miraggio), a fine 2020 potrebbero chiudere ben 100mila artigiani. Dunque la parziale fine del lockdown non basterà a migliorare lo stato di salute economica di questa categoria, perché gli effetti negativi degli ultimi mesi potrebbero generare strascichi devastanti.
Così, per scongiurare questa eventualità, la Cgia invoca con forza “la necessità di erogare a queste attività importanti contributi a fondo perduto e di azzerare per l’anno in corso le imposte erariali: come l’Irpef, l’Ires e l’Imu sui capannoni“. Il segretario dell’Associazione artigiani e Piccole imprese, Renato Mason, specifica poi che “l’artigianato italiano ha bisogno di sostegno” proprio perché “è l’ elemento di coesione sociale del nostro sistema produttivo. Se spariscono le micro imprese, rischiamo di abbassare notevolmente la qualità del nostro made in Italy“.
Rischio perdita di 300mila posti di lavoro
Ma quanti posti di lavoro si perderebbero senza un intervento efficace del governo? La risposta, senza troppi giri di parole, la fornisce Paolo Zabeo della Cgia. “In questi due mesi e mezzo di lockdown, molti artigiani senza alcun sostegno al reddito sono andati in difficoltà e non sono stati pochi coloro che hanno ipotizzato di gettare la spugna e chiudere definitivamente. Dopo una settimana dalla riapertura totale, invece, lo stato d’animo è cambiato. C’è voglia di lottare, di resistere, di risollevare le sorti economiche della propria attività. Purtroppo – dice Zabeo – non tutti ce la faranno a sopravvivere con una perdita di almeno 300 mila posti di lavoro a fine anno“.
La Cgia è fortemente preoccupata sia per l’insufficiente portata del decreto Rilancio, con la mancanza di credito che persiste e mette all’angolo gli artigiani, sia per le previsioni dei consumi delle famiglie per il 2020. Se da una parte le attività rimaste a lungo chiuse a causa del lockdown, al massimo riescono a coprire in alcuni casi solo 1/6 delle perdite sostenute nel mese di aprile, dall’altra è allarmante la caduta del 7,2% preventivata dal Def 2020. Quest’ultima si traduce con un crollo degli acquisti rispetto allo scorso anno di circa 75 miliardi. Inutile dire che all’orizzonte si intravede una mazzata per gli artigiani, ma anche per commercianti e lavoratori autonomi che vivono soltanto grazie ai consumi dei cittadini.
La Cgia ha realizzato anche alcune simulazioni per focalizzare i motivi della chiusura di molte imprese artigiane. Ad esempio un parrucchiere con un fatturato medio annuo registrato nel 2019 di 70 mila euro e con una perdita di oltre 5.833 euro (aprile 2020 su aprile 2019) in base al Dl Rilancio otterrà il 20% di questo disavanzo. Ovvero appena 1.167 euro. Allo stesso modo, un falegname produttore di mobili che ha un fatturato annuo di 180 mila euro e ha perso 15 mila euro (sempre aprile 2020 su aprile 2019, in base al Dl Rilancio otterrà soltanto 3mila euro.
Alessandro Della Guglia
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