Roma, 5 ott – La tragedia avvenuta alla Mecca lo scorso 24 settembre potrebbe avere proporzioni ben maggiori di quelle sin qui credute.
Come si ricorderĆ , durante la festa dellāAid-el-Kebir, quella del Sacrificio, in cui milioni di musulmani raggiungono i luoghi sacri dell’Islam per compiere il rito della lapidazione di Satana, circa 800 persone sarebbero morte schiacciate dalla ressa. Il numero dei morti ĆØ impressionante, ma la veritĆ potrebbe essere ancor più scioccante.
Secondo un comunicato apparso sul sito del ministero della Salute saudita e poi subito tolto, il numeri dei morti sarebbe di 4173. Questo il testo del messaggio: āIl viceministro saudita della Salute, Mohamed Aldowale annuncia che il ministero ha raccolto le foto dei 4173 pellegrini deceduti a Mina [la localitĆ situata 5 km a est della Mecca ā ndr]. Il processo di identificazione dei corpi ĆØ cominciatoā.
Il comunicato, come detto, ĆØ stato presto tolto dal sito, anche se qualche internauta l’ha fotografato e diffuso in rete.
GiĆ accusate di non saper gestire le masse di fedeli che annualmente si riversano alla Mecca, spesso teatro di incidenti simili, le autoritĆ saudite ora sarebbero nei guai anche per aver taciuto le reali dimensioni della strage.
Subito dopo i fatti, era stato il governo iranianoĀ ad accusare Riad di aver bloccato una strada percorsa dai pellegrini per permettere a un convoglio reale di passarci. La Guida suprema della Repubblica islamica, Ali Khamenei, aveva cosƬ commentato: āQuanto avvenuto non sarĆ dimenticato. Invece di accusare questo e quello, i sauditi dovrebbero assumersi le proprie responsabilitĆ e scusarsi con i musulmani e le famiglie delle vittime. Il mondo islamico ha un bel po’ di domande da porreā.
I Saud sono in effetti da tempo accusati di essere degli incapaci nella gestione dei luoghi sacri dell’Islam. Ogni anno, per la festa del Sacrificio, almeno due milioni di persone si riversano alla Mecca, negli stessi giorni, venendo incanalati in strade strette e senza vie di sbocco, presidiate da poliziotti che parlano solo arabo e che sono addestrati a far prevalere il rigido protocollo su ogni altra considerazione. Un’altra gatta da pelare, per la discussa dinastia araba.
Giuliano Lebelli