Pochi giorni fa in Cirenaica è stato creato un governo autonomo con capitale Bengasi e i berberi “amazigh”, che costituiscono il 10% circa della popolazione libica, con questi attacchi continuano a chiedere riconoscimenti, pretendendo ad esempio una rappresentanza nella nuova Assemblea costituente, il diritto di veto nel futuro Parlamento nazionale e l’inserimento della loro lingua tra quelle ufficiali della Libia. Nel Paese nordafricano crescono le richieste di autonomia da parte delle etnie più forti, si proclamano governi indipendenti con tanto di ministeri come nel caso della Cirenaica, aumenta la criminalità con assalti a banche e furgoni blindati e di fronte a tutto ciò le autorità nazionali sembrano impotenti.
In questo quadro poco roseo che raffigura la situazione del Paese post Gheddafi, i siti di produzione del gas Eni sono sempre più a rischio e di conseguenza i rifornimenti verso il nostro Paese. Anche perché, secondo fonti diplomatiche italiane: “ormai qualunque protesta anche improvvisata prende di mira i siti di produzione di energia”. Eppure la Libia non può permettersi di subire attacchi di questa portata considerando che il 90% del Pil del Paese è costituito dai proventi dell’estrazione di gas e petrolio. La stabilizzazione libica è quindi fondamentale ma non sembra affatto facile e soprattutto appare grottesco che a chiederla a gran voce siano i Paesi che hanno scatenato una guerra destabilizzante, con esiti a dir poco disastrosi sia sul piano economico sia per quanto riguarda il contenimento dei flussi migratori.
Eugenio Palazzini